30/09/10

Non basta un mondiale di calcio


Alla cerimonia di chiusura, Mandela è sceso in campo con gli occhi lucidi dall’emozione, per salutare gli 80mila tifosi presenti nel Soccer City Stadium di Johannesburg. Un uomo che ha richiamato l’attenzione al vero Sudafrica. Che non è vuvuzuela è delinquenza, ma la terra dove un popolo intero ha sconfitto l’Apartheid.

Johannesburg, 11 giugno 2010, ore 16.10: fischio d’inizio della FIFA World Cup 2010. Milioni di persone, luci, riflettori e telecamere sintonizzate sui dieci stadi sudafricani, che hanno ospitato le 32 squadre protagoniste di questo campionato. La canzone ufficiale è stata “Waka Waka (This time for Africa)”. Ma è tempo per Africa?
Un mondiale di calcio può cambiare l’Africa? Forse si voleva scimmiottare il mondiale di rugby del 1995, che vide il trionfo del Sudafrica e l’abbattimento dell’apartheid. Il ricordo più bello di questi mondiali, che rimarrà nei cuori di tutti, è stato il sorriso di Nelson Mandela. Dopo la chiusura di Shakira, fuochi d’artificio e festeggiamenti per la vincita della Spagna, Mandela scende in campo, con gli occhi lucidi dall’emozione, per salutare gli 80mila tifosi presenti nel Soccer City Stadium di Johannesburg. Un uomo che ha richiamato l’attenzione al vero. Il Sudafrica non è vuvuzuela e delinquenza, e Mandela ricorda al mondo proprio questo. È il paese che ha sconfitto l’apartheid, un popolo straordinario pieno d’amore e di speranza. Alla resa dei conti è il calcio che ha perso. Si pubblicizzava questo mondiale come fosse l’occasione per riscattare tutti i mali inflitti al Sudafrica, forse perché noi occidentali volevamo metterci un po’ a posto con la coscienza. Pareva quasi che la Fifa si fosse trasformata in Cri!


Diritti umani
Secondo Amnesty International, poco tempo prima dell’inizio del Campionato mondiale di calcio, sono aumentate notevolmente le operazioni di polizia contro venditori ambulanti, senza tetto, rifugiati o migranti che vivono in insediamenti informali. Per mano della polizia sono state effettuate irruzioni, arresti arbitrari, maltrattamenti, estorsioni e distruzioni di baraccopoli. Tutto senza preavviso né predisposizione di un alloggio alternativo adeguato o risarcimento, in completa violazione delle leggi nazionali che proibiscono lo sgombero coatto in qualsiasi circostanza. A questo punto ci si chiede quale sia la carta che ha legittimato e legittima queste operazioni. È il regolamento derivante dalle norme Fifa, istituito per soddisfare i requisiti richiesti dalla Federazione sportiva nelle città sedi dei mondiali. Chi viola un regolamento rischia fino a sei mesi di carcere oppure, nell’ipotesi migliore, una multa di circa 1.100 euro. Gli stessi regolamenti, prevedono l’uso massiccio di risorse per garantire la protezione dei visitatori e si teme di un abuso della forza
contro presunti criminali, in modo non conforme agli standard del diritto umanitario e internazionale. Inoltre l’impiego concentrato delle forze di polizia, riduce e ridurrà di riflesso la sicurezza e l’incolumità dei cittadini sudafricani, specialmente di quelli che vivono nei quartieri più poveri dove la prevenzione del crimine costituisce già una seria sfida. Calato il sipario sui mondiali, sembra che sia in atto una vera e propria fuga di immigrati dal Sudafrica minacciati di violenze xenofobe dagli abitanti del paese. È stato detto loro: “Dovete andarvene immediatamente dopo la Coppa del Mondo” secondo quanto riportano alcuni quotidiani africani. Disoccupazione e disuguaglianze Il Sudafrica presenta un tasso di disoccupazione perennemente alto, una diseguale distribuzione del reddito, con un’elevata concentrazione della ricchezza nelle poche tasche dei più fortunati. Un altro problema strutturale del paese è la carenza di infrastrutture e servizi di base, che porta alla morte sempre più persone. Le spese sostenute dal governo per organizzare la World Cup hanno sicuramente creato alcune opportunità temporanee di lavoro e migliorato il servizio di trasporto pubblico, tuttavia dalle comunità povere continuano a denunciare che la maggioranza dei cittadini è stata ed è totalmente esclusa dai benefici derivanti dall’organizzazione dei Mondiali di calcio di quest’anno. “I requisiti stabiliti dalla normativa Fifa, che prevedono ampie zone di esclusione in cui non sono consentite attività economiche informali, – afferma Amnesty International - sono visti come particolarmente dannosi nel contesto di un paese in cui ampia parte della popolazione basa la propria sopravvivenza sui proventi dell’economia informale”. Nonostante l’impegno del governo sudafricano nella lotta alla povertà e all’Hiv, c’è bisogno della stessa determinazione mostrata nella preparazione dei Mondiali di calcio per superare le difficoltà relative ai trasporti e tutti gli altri ostacoli.

C’è bisogno inoltre di un serio impegno contro il proliferare del traffico di minori (il Sudafrica è una delle mete più ambite per il turismo sessuale). Alcune Ong locali hanno segnalato che in questi ultimi mesi il movimento di ragazzini non accompagnati lungo il confine è notevolmente aumentato. “La frontiera di Ressano Garcia è un ‘colabrodo’ dove ogni giorno i trafficanti portano dal Mozambico in Sudafrica centinaia di bambini e bambine - denunciano le Ong promotrici della campagna ‘Tutti in campo contro il traffico dei bambini’ - l’attrazione per le opportunità offerte dai Mondiali è irresistibile, specie per chi vive in condizioni precarie”. Il Sudafrica ha fatto molti passi in avanti nella legislazione per la difesa dei diritti dei bambini, ma non è ancora stata approvata la legge specifica per la prevenzione e la lotta contro il traffico di esseri umani. Il presidente sudafricano Jacob Zuma ha rilasciato varie dichiarazioni sui rischi di traffico di minori durante la Coppa del Mondo, incitando genitori e tutori a non perdere di vista i bambini durante le lunghe vacanze scolastiche stabilite per il grande evento calcistico. “Le scuole sono state chiuse per ridurre il rischio di traffico – dichiara Joan van Niekerk di Childline South Africa - tuttavia il 70% dei bambini fanno affidamento sui pasti dati a scuola. In Sudafrica ci sono milioni di bambini affamati senza una famiglia alle spalle e i depliant contro il traffico non significano assolutamente niente per chi ha fame. Più importante è lavorare sul campo con interventi di prevenzione del traffico, puntando su istruzione e sviluppo”. A suon di “Waka Waka - This time for Africa” minori, sfollati, poveri ed immigrati si trovano ancora a fare i conti con il lato ignoto di questi mondiali. Non basta di certo una bella canzone e qualche bella pubblicità per cambiare la situazione africana. Conta quello che di vero c’è dietro queste azioni. È davvero tempo per l’Africa?

Eleonora PochiFonte: Solidarietà Internazionale

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