08/08/13

Sudan e Sud Sudan: le conseguenze del colonialismo selvaggio, tra guerra e corruzione

L'arruolamento massiccio di bambini, le paci dimenticate, la corruzione in una teraa condannata alla miseria dalla sua stessa ricchezza, dilaniata dalla guerra civile. Un incontro di Libera rilancia l'attenzione su un paese martoriato

“Una terra che è condannata alla miseria dalla sua stessa ricchezza” ha detto Tonio dell'Olio, facendo riferimento alla seconda guerra civile in Sud Sudan nell’ambito dell’incontro organizzato da Libera  per riflettere sull'attuale situazione sudanese, e con la testimonianza diretta di Daniele Moschetti, Padre Comboniano. Già dal 1995, la campagna italiana per il Sudan ha svolto una costante azione di advocacy verso le istituzioni e un'opera di sensibilizzazione dell'opinione pubblica con l'obiettivo di incoraggiare il processo di pace e tutelare i diritti umani. Un conflitto scoppiato nel 1983 perché “qualcuno aveva cominciato a progettare di costruire una diga”. E se si pensa all'attività d'estrazione mineraria della Golden Sudan Chinese Joint Venture, all'impegno cinese di fornire armi nell'ambito della guerra citata e alle miniere di petrolio di proprietà del tutto cinese, si percepisce che il problema del Sudan in realtà è nel sottosuolo: è troppo ricco. Il conflitto in Sudan, in realtà, non è mai effettivamente terminato. “Oltre le guerre dimenticate, ci sono le paci dimenticate e quella del Sudan sta rischiando di essere una pace dimenticata - osserva dell'Olio -. Libera è particolarmente attenta al rispetto della legge internazionale e si batte contro la corruzione che sta accompagnando il nuovo Sud Sudan”. E la questione è riconducibile anche ad azioni intraprese dalla nostra classe dirigente: “Il primo governo Berlusconi ha appoggiato il presidente sudanese Omar al-Bashir, che cercava di sottrarsi alla condanna del tribunale internazionale, in cambio della cessione di favori”. Al-Bashir sostiene tutt'oggi il Lord Resistance Army(LRA), attualmente in Darfur, tristemente noto per l'arruolamento massiccio di bambini. 

IL COLONIALISMO MODERNO

Daniele Moschetti, impegnato da decenni nella questione sudanese, ha fatto notare che è nelle radici storiche
che risiedono i motivi alla base di molti conflitti attuali, che alimentano il colonialismo moderno. “Nel lontano 1821, con la tratta degli schiavi, i popoli africani furono spartiti tra America, Europa e Oriente. E' solo nel 1955 che il Sudan dichiarò la sua Indipendenza e da qui gli inglesi decisero di lasciare tutto il paese nelle mani del Nord, nonostante ci fosse una classe dirigente pronta ad occuparsi del Sud che, benchè animista e cristiano, fu assoggettato alla cultura dell'Islam, da quel momento dichiarata cultura nazionale”. E' da qui che cominciò un conflitto dilaniato fino ad oggi. Ma dopo la scoperta di numerosissimi giacimenti di petrolio, la guerra sudanese ha cominciato a prendere le sembianze di una guerra per il controllo di risorse. Nel 2005, l'accordo di pace di Naivasha ha previsto la scissione del Sud. L'autonomia del Sud sarà ufficializzata con il referendum del 2011. Per spiegare la situazione che fu scaturita dall'accordo del 2005, Daniele Moschetti ha ricordato la figura emblematica di John Garang: “Era leader dell'Esercito di liberazione sudanese(SPLA) e dopo l'accordo di pace arrivo ad essere vicepredidente del Sudan. Egli aveva una visione ampia del Paese, voleva l'unità nazionale, non una semplice divisione nord/sud. Garang ha perso la vita nel luglio del 2005 a causa di un incidente aereo”. In merito al novello Sud, pare che la corruzione sia il nemico numero uno dello sviluppo del paese: “Al governo di transizione(2006-2011) la comunità internazionale aveva dato undici miliardi di dollari. Di questi, quattro miliardi sono finiti nelle tasche di settantacinque persone della élite che governava in quegli anni. E' stato possibile venirne a conoscenza solo grazie ad una lettera inviata dal nuovo presidente, che li invitava a restituire i soldi sottratti”. Secondo dati del 2010, il Sud Sudan ha perso già il 9% della terra, espropriata da multinazionali. Ad oggi, si parla di almeno un 20%. Per la produzione di biocarburanti le famiglie vengono espropriate dalle loro terre, costrette ad alimentare il raggio delle baraccopoli intorno alla capitale, Juba. 

Eleonora Pochi