30/09/11

“Existence is Resistance”, due giorni al fianco della Palestina

Dibattiti, musica e documentari sul popolo più ingiustamente tormentato al mondo accompagneranno le giornate del 30 settembre e 1 ottobre a Roma

Una due giorni intensa che offre reale informazione e intrattenimento di qualità, quella organizzata dal Csoa Forte Prenestino, la rete Free Palestine Roma e il movimento Existence is Resistance. Nella giornata di venerdì 30 settembre, presso la Facoltà di Lettere di RomaTre, avrà luogo un dibattito sulla campagna BDS (Boicottaggio, Disinvestimento, Sanzioni) contro il progetto coloniale portato avanti da Israele in Palestina. La campagna si impegna da anni a contrastare attivamente l’occupazione, portata avanti da decenni dallo Stato di Netanyahu, attraverso il boicottaggio di merci, ma non solo. Molti artisti israeliani contrari all’occupazione, hanno scelto di aderire all’iniziativa BDS evitando di esibirsi a Tel Aviv e dimostrando quindi come l’arte riesca ad abbracciare e consolidare la lotta del popolo palestinese. A dimostrazione di questo virtuoso legame, verrà proiettata l’anteprima italiana del documentario Hip Hop is bigger than Occupation, un diario di viaggio di rapper, tra cui Lowkey e Shadia Mansour che si esibiranno nella serata al Forte Prenestino, e dj nella West Bank occupata. Uno spaccato di vita palestinese che, in particolare nel campo profughi di Balata, rende chiaramente l’idea di cosa significhi vivere sotto assedio.

La giornata successiva, sabato 1 ottobre al Csoa Forte Prenestino di Via Federico del Pino, la lotta palestinese sarà rappresentata attraverso l’hip hop, mostrando tramite le quattro discipline come esso sia un forte e pacifico strumento di protesta. Dal pomeriggio graffiti a Centocelle, a seguire cena e presentazione del reportage realizzato dalla carovana Corum, in occasione del viaggio fatto a Gaza in commemorazione di Vittorio Arrigoni. A chiudere l’incontro, un liveshow all’insegna del rap rivoluzionario di Lowkey, Logic e Shadia Mansour, la prima  rapper donna della scena hip hop araba. Gli artisti saranno affiancati on stage dagli italiani Kento, Ill Nano e Serpe in seno.
Lowkey, rapper inglese, presenterà il suo nuovo album “Soundtrack to the struggle”, come sempre fedele al suo fare marcato, oltre che da un indiscutibile talento, da uno splendido attivismo a favore della causa palestinese e dei diritti umani in genere.
Anche Logic, membro dell’associazione musicale People Army, volta a sottolineare che il concetto del “giusto” spesso può scostarsi dai comportamenti intrapresi dai potenti del mondo, porterà sul palco i frutti del suo ultimo lavoro, “Free man”.
Il costo del biglietto per il concerto è di 5 euro e il ricavato sarà devoluto al finanziamento dei progetti di Free Palestine Roma nei territori palestinesi occupati.


Eleonora Pochi
Fonte: Fuori le Mura

29/09/11

La manovra punto per punto: acqua alla gola per l'Italia

Con la nuova legge, il governo ha varato ulteriori misure urgenti per la (de)stabilizzazione finanziaria e per lo sviluppo

La manovra da 54 miliardi, diventata ufficialmente legge, è stata varata dal governo per raggiungere il pareggio di bilancio entro il 2013. Una serie di misure d’austerità che prevedono lacrime e sangue per la quasi totalità dei cittadini, escluse quelle poche centinaia di intoccabili che non si capisce perché si ostinino a non voler pagare la loro crisi. La manovra prevede un aumento dell’Iva al 21% in previsione di un gettito annuo di circa 4,2 miliardi. Innalzamento che secondo Confesercenti “si tradurrà in un aumento di spesa mensile di circa 140 euro per famiglia”.
 
Riportiamo l’elenco dei principali beni per i quali è in atto l’aumento dell’imposta di consumo dal 20 al 21% pubblicato dall’Ufficio studi Confcommercio Imprese per l’Italia:- Televisori e prodotti per l’home entertainment, macchine fotografiche e videocamere, computer desktop, portatile, palmare e tablet, autocaravan, caravan e rimorchi, imbarcazioni, motori fuoribordo ed equipaggiamento barche, strumenti musicali, giocattoli, giochi tradizionali ed elettronici, articoli sportivi, manifestazioni sportive e parchi divertimento, stabilimento balneare, piscine, palestre e altri servizi sportivi, articoli di cartoleria e cancelleria, pacchetti vacanza, automobili, ciclomotori e biciclette, trasferimento proprietà auto e moto, affitto garage, posti auto e noleggio mezzi di trasporto, pedaggi e parchimetri, apparecchi per la telefonia fissa, mobile e telefax, servizi di telefonia fissa, mobile e connessioni internet, tabacchi, abbigliamento e calzature, rasoi elettrici, taglia capelli, phon, articoli per la pulizia e per l’igiene personale, profumi, cosmetici, gioielleria e orologeria, valigie, borse e altri accessori, servizi di parrucchiere, servizi legali e contabili, mobili e articoli per illuminazioni, biancheria e tessuti per la casa, frigoriferi, lavatrici, lavastoviglie, forno, piccoli elettrodomestici per la casa, piatti, stoviglie e utensili per la casa, detergenti e prodotti per la pulizia della casa, carburanti, caffè, bevande gassate, succhi di frutta e bevande analcoliche, liquori, superalcolici, aperitivi alcolici, vini e spumanti -.

Tra le misure di carattere urgente che figurano nella nuova legge inoltre, la possibilità per il Ministero dell’economia e delle finanze di emanare “tutte le disposizioni in materia di giochi pubblici utili al fine di assicurare maggiori entrate, potendo tra l’altro introdurre nuovi giochi, indire nuove lotterie, anche ad estrazione istantanea”, s’apprende dal testo.
 
Alla voce “Riduzione dei costi degli apparati istituzionali” figurano cinque pagine di tagli agli enti locali e giusto qualche riga dedicata ai parlamentari, che si sono limitati a deliberare che “per gli spostamenti in aereo e le missioni legate a ragioni di servizio all’interno dei paesi del Consiglio d’Europa” si volerà in classe economica. Un profondo disagio per la Casta di Montecitorio, che non vuole tagli alla propria elite, semmai ne elabora all’infinito per il Paese. Anzi, il fantomatico taglio ai loro stipendi, introdotto forse un po' per vergogna nei confronti di un paese tassato fino all'osso, prevede una “riduzione delle retribuzioni o indennità di carica superiori a 90 mila euro lordi annui in misura del 10% per la parte eccedente i 90 mila euro”. 
La soppressione delle Province, il dimezzamento di consiglieri e assessori, restringimento dei finanziamenti regionali sono disposizioni che hanno suscitato la durissima reazione delle amministrazioni locali, secondo le quali è impossibile continuare a garantire servizi indispensabili ai cittadini, stando alle condizioni imposte dalla nuova legge 148. Alla faccia del principio di sussidiarietà. “Le nuove misure di austerità – scrive l’agenzia internazionale Moody’s -riducono il budget degli enti locali di 7 miliardi per il 2012-2013, giacché l’obiettivo di pareggio è stato anticipato di un anno, e danno meno tempo per sistemare i bilanci". Effetti negativi sul rating di Regioni, province e comuni: "Misure di rafforzamento delle entrate – spiega Moody’s -, come permettere di controllare i propri livelli di tasse e di controllare gli evasori fiscali sul proprio territorio, compenseranno solo in parte i tagli ai trasferimenti".

Per i lavoratori arriva invece dell’articolo 8, che prevede la possibilità di derogare alle norme stabilite dai contratti nazionali e dallo statuto dei lavoratori, in conformità ad accordi aziendali sottoscritti da rappresentanze sindacali, intese come qualsiasi organizzazione rappresentativa a livello territoriale. “Siamo pronti a ricorrere alla Corte Costituzionale - dichiara in occasione del recente sciopero nazionale Susanna Camusso, segretario Cgil - per cancellare una simile discriminazione, useremo tutte le strade per eliminare questa vergogna". La Camusso esprime contrarietà verso l’intera manovra: ”E’ ingiusta, perché fa pagare i soliti noti, il lavoro pubblico, i pensionati”. Per quanto riguarda il mondo del pubblico impiego, c'è ancora da patire, dopo lo smantellamento dello scorso anno, restrizioni d’organico e tagli per oltre due miliardi l’anno per il biennio della rincorsa al pareggio di bilancio, 2013-2014. Prorogate anche le norme che bloccano le assunzioni fino al 2014.
Si procederà, inoltre, al recupero, entro il 31 dicembre 2011, di quanto ancora dovuto da coloro che non hanno versato le rate concordate per il condono edilizio negli ultimi cinque anni.
 
Non poteva mancare il settore Giustizia, che sembra interessare questo governo come non mai. Si è stabilito il riordino degli uffici giudiziari che porterà al taglio dei “tribunali minori” con il conferimento di una delega al Governo, che agirà seguendo criteri come il numero di abitanti, l'estensione e i carichi di lavoro.
Magistrati ed avvocati non ci stanno, per loro un simile accorpamento è un duro colpo all'apparato giudiziario, affannato da tagli e mancanza di fondi: “La ridefinizione dell'assetto territoriale degli uffici requirenti – hanno dichiarato dall'Associazione Nazionale Magistrati in merito alla ridefinizione territoriale prevista -, anche con l'accorpamento in un unico ufficio di procura della competenza allo svolgimento di funzioni requirenti in più tribunali, è del tutto fuori dal sistema e foriera di gravi disfunzioni sul piano organizzativo”. Sulla riduzione degli uffici giudiziari “non appare razionale escludere dalla possibilità di accorpamento i tribunali con sede nei comuni capoluogo di provincia alla data del 30 giugno 2011 e dunque senza un coordinamento con la contemporanea scelta di soppressione di alcune province e senza tenere in considerazione le caratteristiche dei tribunali presenti” fa notare l'Anm.
Misure d'austerità che faranno penare i cittadini, debitori di un debito da loro mai contratto. Superato il nuovo record di 1.900 miliardi di euro, il debito grava sulle spalle di ogni italiano per oltre 31 mila euro, più del Pil pro capite. Naturalmente, il tasso d'interesse cresce all'aumentare dell'indebitamento.

Eleonora Pochi

22/09/11

6 miliardi tra tagli e tasse per Roma e provincia

La manovra economica prevede lacrime e sangue per la Capitale

Dalle misure previste nella manovra economica spicca l’imponente salasso verso la Capitale e dintorni. I cittadini romani saranno costretti a pagare, nei prossimi quattro anni, oltre 3.650 euro all’anno tra aumento dell’Iva dal 20 al 21 percento, aumento dell’Irpef, blocco dell’aumento degli stipendi per i dipendenti pubblici e tagli ingenti agli enti locali. Previsione, quella resa pubblica dal presidente della Provincia di Roma, studiata in base agli ultimi aggiustamenti economici dettati dal governo e che riserva lacrime e sangue per il territorio: “Un colpo durissimo e drammatico alle famiglie e alle imprese” sottolinea Nicola Zingaretti. Dura reazione anche dall’assessore al bilancio di palazzo Valentini: “Una riduzione degli investimenti a causa della quale il prossimo anno potremmo spendere solo 37 milioni – spiega Antonio Rosati -, con un inevitabile crollo della qualità dell‘edilizia scolastica e della manutenzione stradale”. Non è tutto.

Il taglio agli enti locali, pari a ben  2,6 miliardi di euro, provocherà un’inevitabile indebolimento dei servizi rivolti alla collettività, quali assistenza sanitaria e trasporto pubblico. “Oggi il costo di un biglietto è di un euro, un euro e mezzo – ha commentato il sindaco di Roma, Gianni Alemanno -, un costo sociale assicurato dai trasferimenti che vengono dallo Stato. Se questi finanziamenti vengono tagliati come previsto non saremo più in grado di garantirlo”.

Non bastavano le metrò strapiene, gli autobus cronicamente in ritardo, i treni regionali puntualmente soppressi ad accompagnare le giornate dei cittadini di Roma e dintorni; ora si rischia di dover andare a lavoro in tandem mentre gli impiegati di palazzo Chigi godono ognuno di una costosa e disponibilissima schiera di auto blu a spese dello Stato, ossia degli stessi cittadini ai quali vengono sottratti servizi pubblici di base ed aumentate le tasse. “Il governo sta mettendo pesantemente le mani in tasca ai cittadini – osserva Zingaretti -, ma solo ad alcuni, quelli che le tasse le pagano già e che utilizzano i servizi pubblici, il bus per andare a lavorare o gli ospedali, perché non hanno alternative. E’ uno schifo – conclude il presidente della Provincia di Roma -, una vergogna, che in una situazione del genere il governo si preoccupi di salvaguardare gli stipendi dei parlamentari”. “E io pago” diciamo noi.

Eleonora Pochi
Fonte: Fuori le Mura

20/09/11

Processo Arrigoni, rinvio al 22 settembre

Ai familiari di Vittorio non è stato concesso di essere rappresentati dal proprio avvocato

Un rapido rinvio al 22 settembre è il responso della prima udienza del processo per l'assassinio di Vittorio Arrigoni, attivista e giornalista italiano ucciso lo scorso 14 aprile nella Striscia. La Corte militare di Gaza city, istituzione incaricata di curare il caso, non ha ammesso l'avvocato Eyal al-Alami, incaricato poco prima dell'otto settembre dalla famiglia di Vittorio, dopo che il loro legale italiano, Gilberto Pagani, non è riuscito a raggiungere la Striscia a causa di problemi sorti al valico egiziano.
Ancora bisogna attendere, quindi, per sapere la reale motivazione che ha portato all'uccisione del cooperante, rapito e strangolato da un presunto gruppo salafita composto da sei elementi. A tre giorni dall'assassinio due dei rapitori, il giordano Breizat e il palestinese al Omari che sembrerebbe fossero i capi della cellula, vengono uccisi dalle forze speciali di Hamas. Ora, a rispondere dinanzi alla legge dell'assassinio rimangono Mohammed Salfiti, 23 anni; Tarek Hasasnah, 25 anni; Amer Abu Ghoula, 25 anni e Khader Jram. Dal fascicolo delle indagini, reso noto con scandaloso ritardo e solo in parte dalla procura militare di Hamas, risulterebbe che “l'intento del gruppo, informale non una vera e propria organizzazione, era quello di sequestrare un occidentale per ottenere la liberazione dello sceicco Abdel-Walid al-Maqdisi, arrestato da Hamas per attività sovversive”.
Alla domanda: “Perchè proprio Arrigoni?”, così il legale degli imputati al Manifesto: “Il mio assistito (Jram), che lavorava nella stazione dei vigili del fuoco davanti ad un edificio frequentato da Vittorio, mi ha detto di aver insistito molto su quel nome perché era conosciuto a Gaza e perché, secondo lui, l'italiano conduceva una vita poco conforme ai costumi locali, troppo da occidentale”. Attendiamo il 22 settembre sperando che si faccia luce sulla verità.

Eleonora Pochi

16/09/11

Assad massacra il popolo siriano

Torture, fosse comuni, minori fucilati, repressione sempre più feroce. Damasco mobilita navi da guerra, elicotteri, carri armati e schiera l’esercito con l’obiettivo di reprimere le manifestazioni di massa che reclamano riforme 


Dal mese di marzo, secondo l’Organizzazione nazionale per i diritti umani in Siria, sarebbero state uccise dalle forze di sicurezza circa 3.100 persone. Neanche chi ha una discreta notorietà pubblica puo’ star tranquillo. Si pensi ad Ibrahim Kashoush, giovane musicista, sgozzato per aver cantato una canzone contro Assad oppure ad Ali Ferzat, noto vignettista satirico, al quale sono state rotte le mani durante un’ aggressione; “E’ un avvertimento” hanno detto lui. Un recente rapporto di Amnesty International denuncia 88 morti, tra cui dieci bambini, nelle carceri siriane. Arrestati e torturati fino alla morte per aver preso parte alle manifestazioni. Ziad Tariq Abd al-Qadr era un giovane siriano, arrestato nel governatorato di Homs il 29 aprile e spedito morto alla famiglia il 16 giugno. C’è un video del cadavere con evidenti segni di torture, nel quale “un individuo analizza le lesioni visibili sul corpo, in modo calmo e metodico mentre le sue mani, in guanti chirurgici, indicano la posizione dei vari segni di tortura, punto per punto – s’apprende tra le scure pagine del rapporto -. Indicano la testa, dalla quale sono stati strappati i capelli, il collo e il pene segnati da scariche elettriche, cicatrici di sigarette spente sulle spalle, segni di frustate, coltellate sul busto, ustioni su braccia, mani e piedi”. Come Tariq sono stati uccise migliaia di persone, di “dissidenti” ardenti di democrazia, di un futuro migliore, di “topi di fogna” che tanto fastidiano i dittatori, sfidando la repressione a mani nude. 
Secondo Adnan Bakkour, procuratore generale della Siria che secondo fonti internazionali pare si sia dimesso dopo esser stato testimone dell’uccisione di 72 prigionieri ad Hama, sarebbero oltre diecimila i “topi di fogna” arrestati. “Mi dimetto a causa del regime di Assad e delle sue bande” ha dichiarato Bakkour.

Intanto la macelleria umana siriana ha suscitato lo sdegno internazionale. Mentre gli Usa hanno deliberato l’applicazione di diverse sanzioni, anche l’Ue dichiara un embargo imminente verso Damasco, sul quale grava un colossale giro d’affari: ben il 95% del petrolio siriano esportato è destinato all’Europa. Affari che l’Italia tiene bene a mente, giacché sta ostacolando, in sede comunitaria, l’applicazione immediata delle sanzioni, dichiarando che sarebbe più adeguato posticipare il blocco a fine novembre, scadenza contrattuale delle forniture. Sempre più sfacciatamente, gli affari prima di tutto.


Non solo l’Occidente. L’Iran, storico alleato della Siria, storce la bocca davanti il sanguinario obbrobrio: “Il Medio Oriente potrebbe essere immerso nel caos se il presidente Assad continua ad ignorare le richieste di riforma – ha dichiarato Akbar Salesi, ministro degli esteri iraniano -. Sia nello Yemen, in Siria o in qualsiasi altro paese, la gente ha richieste legittime ed i governi dovrebbero rispondere nel più breve tempo possibile”. Un Paese, l’Iran, mosso dall’appetitosa fetta d’export petrolifero verso l’Europa, che con l’embargo taglierebbe gli accordi con la Siria?


Anche la Turchia ha preso le distanze dalle scelte politiche di Assad: “Tutto il mondo dovrebbe sapere che siamo al fianco del popolo siriano – ha dichiarato il presidente della repubblica turca -. Oggi nel mondo non c’è più spazio per amministrazioni autoritarie, partiti unici, regimi chiusi”. Perfino la Lega Araba condanna la Siria, raccomandandosi di “mettere fine allo spargimento di sangue”, si legge dalla nota che Damasco ha respinto nervosamente. 
Di tutte le parti in gioco, il popolo siriano appare l’unico vero amico di sé stesso, inerme contro una dispotica follia. 


Eleonora Pochi
Fonte: Parolibero 

12/09/11

La Casta, Ferrieri e i cittadini

Per promuovere una petizione per eliminare i privilegi della politica c'è chi ha passato le vacanze davanti al Parlamento, nella speranza di essere finalmente ascoltato

Gaetano Ferrieri, 54 anni, dal 4 giugno non si muove da piazza Montecitorio. Da quel giorno si rifocilla solo con acqua e sali minerali, avendo iniziato uno sciopero della fame che porterà avanti fin quando le istituzioni non considereranno la petizione a
vanzata: riduzione del 50% dello stipendio di parlamentari e amministratori pubblici, un taglio del 90% delle auto blu e una nuova legge elettorale per “creare una classe politica che veramente rispecchi le preferenze dei cittadini”.
Per essere presentata e discussa, la proposta di riforma ha bisogno del sostegno di tre milioni di persone, a detta del Capo di Gabinetto della Presidenza della Camera, Alberto Sciolìa. Gaetano, un cittadino qualunque, non deve essere considerato né un supereroe né il capo di una presunta rivoluzione. “Non sono un eroe né un capopopolo – scrive Ferrieri in rete -, sono un uomo con dei principi da difendere, valori Sociali, d’amore per il Paese, per la mia amata Italia”.

Ma non ci salverà lui dall’abisso, giacché ogni individuo ha il dovere di difendere e reclamare i propri diritti quindi tra le nostre capacità, anestetizzate da una sfacciata e perpetua demagogia, bisogna rianimare almeno l’indignazione, legittimata dallo splendido art. 50 della nostra Costituzione: “Tutti i cittadini possono rivolgere petizioni alle Camere per chiedere provvedimenti legislativi o esporre comuni necessità”. Si deve pretendere la discussione della proposta, di fronte alla vergognosa indifferenza con la quale la sfera politica sta comportandosi al riguardo. “Chiediamo un dialogo assolutamente pacifico – spiega Gaetano Ferrieri -. Non siamo qui per sollevare tumulti, ma per cercare di ottenere un confronto effettivo della società civile con i governanti per discutere su una riforma che comprenda le misure proposte”. Più di novanta giorni di sciopero della fame ed un presidio permanente davanti Palazzo Chigi per attirare l’attenzione degli italiani su una petizione inviata alle più alte cariche dello Stato, sistematicamente ignorata. Per avere un riscontro efficace bisogna che il popolo scenda in piazza a milioni, unito e compatto, affinché la classe politica sia costretta ad ascoltare la vox populi. “Per iniziare un dialogo ci hanno chiesto tre milioni di firme, ma la cosa non ci spaventa – continua Ferrieri -. Ci sono migliaia di cittadini che ogni giorno vengono a conoscenza del presidio, la stampa estera ci segue, sempre più esterrefatta per i comportamenti della nostra classe politica (quella italiana è recitiva, ndr) e grazie all’appoggio di molti, ci stiamo organizzando con gruppi regionali”.

Bisogna reagire, prima che proliferi un’altra loggia, un’ennesima tangentopoli, mentre il Paese va a picco. Il Fmi ci ha condannato ad almeno dieci anni di stagnazione economica ed il nostro debito pubblico è il più alto d’Europa, dopo quello dei nostri vicini greci. La petizione prevede misure che se adottate sarebbero un ottimo antidoto teso a disinnescare il circolo vizioso dell’indebitamento. Se la casta continua a nutrirsi di denaro pubblico mentre elabora misure d’austerità rivolte a tutti tranne che loro, che continuano a godere di uno stipendio a cinque cifre e di auto blu anche per buttare l’immondizia(tanto per accennarne un paio), il paese fallirà e con esso tutti noi, che siamo rimasti immobili quando ancora eravamo in tempo. “Il 21 settembre scenderemo massicciamente in piazza – dichiara il cittadino veneziano a digiuno dal 4 giugno -. E’ mercoledì, l’unico giorno della settimana in cui sono presenti i parlamentari ed inoltre simboleggia l’inizio di un autunno particolarmente caldo. Chiederemo una question time sulla petizione e se ancora non ci sarà dato ascolto, sarà la volta di presidiare il parlamento”.

Gaetano ha avanzato proposte che la stragrande maggioranza dei cittadini condivide, ma che in sostanza nessuno aveva mai preso di petto per cercare di farle piombare in parlamento. Ad egli va il merito di muoversi per cercare concretezza. D’altra parte, sul profilo facebook di Gaetano si leggono frasi del genere: “Sei un eroe”, “Grazie per quello che fai”. Come se si fosse impediti a fare altrettanto, rassegnati alla passività.  Se quel timido gazebo riuscirà ad essere sorretto da milioni di persone, allora sarà vinta la battaglia contro la montagna di cemento che gli si pone innanzi, nella quale è arroccata l’oligarchia che sta portando allo sfacelo la nostra Nazione. “Stiamo creando una rete capillare nazionale al fine di agevolare la comunicazione tra vari gruppi ed organizzare al meglio la giornata del 21 – conclude Ferrari -. L’enorme numero di persone che ci segue in rete, ma anche in piazza, fa pensare alla buona riuscita della giornata”. Il 21 settembre l’appuntamento è sotto casa della Casta, mettiamoci alla prova.

Eleonora Pochi
Fonte: Fuori le Mura

06/09/11

Settembre decisivo per la Palestina

Appuntamenti fondamentali per i territori palestinesi occupati, processo Arrigoni e proposta all’Onu per il riconoscimento dello Stato palestinese

Due date: 8 e 20 settembre. La prima dovrebbe essere, secondo indiscrezioni, il giorno dell’apertura della prima udienza del processo a carico dei presunti assassini di Vittorio Arrigoni, morto lo scorso 15 aprile.
La seconda rappresenta la data del prossimo raduno dell’Onu, in occasione del quale Abu Mazen, presidente dell’Autorità palestinese, dovrebbe presentare la richiesta ufficiale di riconoscimento dello Stato palestinese, quindi l’adesione alle Nazioni Unite. Quale sarà il responso tratto dalle due giornate è un mistero, l’unica certezza è che, in particolare negli ultimi mesi, l’avvicendarsi di avvenimenti contrastanti ha creato confusione in entrambe le questioni. In riguardo ad Arrigoni, un gruppo di giovani salafiti del gruppo “Tawhid wal Jihad” ha rivendicato praticamente da subito la titolarità del gesto. Dopo pochi giorni, la cellula viene sgominata dai miliziani di Hamas, provocando la morte di due salafiti coinvolti nell’agguato all’italiano. Dal 15 giugno l’inchiesta aperta sul caso dalla Procura di Gaza è stata consegnata nelle mani dei giudici militari che hanno rinviato a giudizio due palestinesi che sembrerebbero coinvolti nell’assassinio del cooperante. Ai legali della famiglia Arrigoni è stato finora negato l’accesso alle indagini. Il governo Hamas non ha permesso alla magistratura gazese di consegnare il fascicolo dell’inchiesta agli avvocati italiani a causa di un’incomprensione riscontrata nella presentazione degli incartamenti necessari all’accesso ai dati.

Altro momento storico per l’intera Palestina è il prossimo 20 settembre. L’ostacolo più evidente al riconoscimento è rappresentato dagli Stati Uniti. Per l’ammissione di nuovi Paesi all’Onu è necessaria la maggioranza di due terzi all’Assamblea Generale e un voto favorevole, che gli USA hanno già annunciato di bloccare con il veto, al Consiglio di sicurezza. Posto che la Palestina è governata da due fazioni, Fatah in Cisgiordania e Hamas nella Striscia di Gaza, la recente intesa raggiunta tra le parti non è sufficiente alla comune creazione di un governo unitario. Hamas continua a giocare al gatto col topo con Israele, insistendo con la violenza contro il popolo israeliano. Non basta quella perpetuata da decenni da Israele nei confronti dei palestinesi. Gli abitanti della Striscia sono un popolo sequestrato alla propria terra, alla libertà, alla democrazia, segregato in una striscia di terreno, separato dalle armi israeliane dal resto dei propri compaesani, costretto all’isolamento come il resto dei palestinesi. La Cisgiordania è l’unica alla quale interessano realmente le sorti della Striscia di Gaza, giacché c’è la sua gente lì. Dal 1967 le forze israeliane hanno occupato, in piena violazione di trattati internazionali e diritti umani, entrambi i territori palestinesi, esercitando, sotto gli occhi del mondo, una scandalosa e violenta segregazione razziale. Nonostante l’oppressione degli occupanti, la Cisgiordania è riuscita a costruire una amministrazione pubblica ed un’economia discrete. Abu Mazen ha incontrato il console generale americano a Gerusalemme per chiedere agli Stati Uniti di non bloccare il processo di riconoscimento. Mentre già 122 Paesi al mondo appoggiano la creazione dello Stato palestinese e l’adesione all’Onu, Italia e Germania, insieme ad Usa ed altri, si oppongono a gran voce. 150 personaggi politici italiani, hanno addirittura sottoscritto una petizione, promossa dall’Associazione parlamentari di amicizia Italia-Israele, contro il riconoscimento della Palestina.
Il parlamento israeliano intanto continua ad elaborare leggi razziste. Dopo il nuovo piano di colonizzazione è la volta di contrastare con la legge l’uso e la diffusione della lingua araba. Inoltre è in atto una campagna altamente discriminatoria che raccomanda, attraverso dialogatori dislocati sulle spiagge, alle ragazze ebree di non frequentare coetanei arabi. Nonostante questo, ma anche tanto altro, l’Italia continua ad esprimere sostegno e collaborazione verso il governo Netanyahu, addirittura adoperandosi con una petizione in suo aiuto. Non resta altro che aspettare il fatidico 20 settembre.

Eleonora Pochi
Fonte: Parolibero

LIBERATE FRANCESCO

Sono passate due settimane dal rapimento di Francesco Azzarà, il logista di Emergency sequestrato a Nyala, in Darfur, il 14 agosto scorso.
Da allora non se ne hanno notizie.
Dopo un iniziale periodo di riserbo, d'accordo con la famiglia Emergency ritiene che sia il momento di rinnovare l'attenzione su Francesco e chiede ai cittadini, ai media e alle istituzioni italiane di mobilitarsi per la sua liberazione, esponendo la foto di Francesco sui palazzi delle istituzioni, partecipando e rilanciando le iniziative che Emergency organizzerà.

02/09/11

Settembre decisivo per la Palestina

Appuntamenti fondamentali per i territori palestinesi occupati, processo Arrigoni e proposta all’Onu per il riconoscimento dello Stato palestinese

Due date: 8 e 20 settembre. La prima dovrebbe essere, secondo indiscrezioni, il giorno dell’apertura della prima udienza del processo a carico dei presunti assassini di Vittorio Arrigoni, morto lo scorso 15 aprile.
La seconda rappresenta la data del prossimo raduno dell’Onu, in occasione del quale Abu Mazen, presidente dell’Autorità palestinese, dovrebbe presentare la richiesta ufficiale di riconoscimento dello Stato palestinese, quindi l’adesione alle Nazioni Unite. Quale sarà il responso tratto dalle due giornate è un mistero, l’unica certezza è che, in particolare negli ultimi mesi, l’avvicendarsi di avvenimenti contrastanti ha creato confusione in entrambe le questioni. In riguardo ad Arrigoni, un gruppo di giovani salafiti del gruppo “Tawhid wal Jihad” ha rivendicato praticamente da subito la titolarità del gesto. Dopo pochi giorni, la cellula viene sgominata dai miliziani di Hamas, provocando la morte di due salafiti coinvolti nell’agguato all’italiano. Dal 15 giugno l’inchiesta aperta sul caso dalla Procura di Gaza è stata consegnata nelle mani dei giudici militari che hanno rinviato a giudizio due palestinesi che sembrerebbero coinvolti nell’assassinio del cooperante. Ai legali della famiglia Arrigoni è stato finora negato l’accesso alle indagini. Il governo Hamas non ha permesso alla magistratura gazese di consegnare il fascicolo dell’inchiesta agli avvocati italiani a causa di un’incomprensione riscontrata nella presentazione degli incartamenti necessari all’accesso ai dati.

Altro momento storico per l’intera Palestina è il prossimo 20 settembre. L’ostacolo più evidente al riconoscimento è rappresentato dagli Stati Uniti. Per l’ammissione di nuovi Paesi all’Onu è necessaria la maggioranza di due terzi all’Assamblea Generale e un voto favorevole, che gli USA hanno già annunciato di bloccare con il veto, al Consiglio di sicurezza. Posto che la Palestina è governata da due fazioni, Fatah in Cisgiordania e Hamas nella Striscia di Gaza, la recente intesa raggiunta tra le parti non è sufficiente alla comune creazione di un governo unitario. Hamas continua a giocare al gatto col topo con Israele, insistendo con la violenza contro il popolo israeliano. Non basta quella perpetuata da decenni da Israele nei confronti dei palestinesi. Gli abitanti della Striscia sono un popolo sequestrato alla propria terra, alla libertà, alla democrazia, segregato in una striscia di terreno, separato dalle armi israeliane dal resto dei propri compaesani, costretto all’isolamento come il resto dei palestinesi. La Cisgiordania è l’unica alla quale interessano realmente le sorti della Striscia di Gaza, giacché c’è la sua gente lì. Dal 1967 le forze israeliane hanno occupato, in piena violazione di trattati internazionali e diritti umani, entrambi i territori palestinesi, esercitando, sotto gli occhi del mondo, una scandalosa e violenta segregazione razziale. Nonostante l’oppressione degli occupanti, la Cisgiordania è riuscita a costruire una amministrazione pubblica ed un’economia discrete. Abu Mazen ha incontrato il console generale americano a Gerusalemme per chiedere agli Stati Uniti di non bloccare il processo di riconoscimento. Mentre già 122 Paesi al mondo appoggiano la creazione dello Stato palestinese e l’adesione all’Onu, Italia e Germania, insieme ad Usa ed altri, si oppongono a gran voce. 150 personaggi politici italiani, hanno addirittura sottoscritto una petizione, promossa dall’Associazione parlamentari di amicizia Italia-Israele, contro il riconoscimento della Palestina.
Il parlamento israeliano intanto continua ad elaborare leggi razziste. Dopo il nuovo piano di colonizzazione è la volta di contrastare con la legge l’uso e la diffusione della lingua araba. Inoltre è in atto una campagna altamente discriminatoria che raccomanda, attraverso dialogatori dislocati sulle spiagge, alle ragazze ebree di non frequentare coetanei arabi. Nonostante questo, ma anche tanto altro, l’Italia continua ad esprimere sostegno e collaborazione verso il governo Netanyahu, addirittura adoperandosi con una petizione in suo aiuto. Non resta altro che aspettare il fatidico 20 settembre.


Eleonora Pochi