18/12/10

Grecia: Ancora recessione

Dopo il maxi-prestito Fmi-Ue le cose non sembrano migliorare: i dati su disoccupazione, inflazione e previsioni finanziarie parlano da sé. Intanto Fmi e Ue, preoccupati, non escluderebbero l’adozione di nuove misure restrittive.
Nel maggio 2010 Fmi e Ue stanziarono un piano di aiuti da 110miliardi per salvare la Grecia dalla bancarotta ma, ad oggi, il paese sembrerebbe patire ancora il peso di una crisi che pesa sulle spalle come un macigno.
Condizione necessaria alla concessione del maxi-prestito, è stata l’applicazione di un programma di austerità varato dal governo elleno che prevedeva, come da tradizione, una drastica serie di tagli alla spesa pubblica. I cosiddetti aggiustamenti strutturali hanno disseminato e stanno disseminando tutt’ora una preoccupante crisi sociale: cresce l’Iva, aumentano le tasse, non soltanto sui beni di lusso ma su tabacchi, alcolici e carburante, tagli ai stipendi di funzionari statali, licenziamenti per migliaia di lavoratori, svuotate le casse di scuole ed università, ridotte le pensioni.


Hanno scioperato quasi la totalità delle categorie: funzionari pubblici, camionisti, assistenti di volo, ferrovieri, operai, pensionati, forze dell’ordine, imprenditori, docenti, professori e studenti. Tutti, coinvolti più o meno direttamente dalla politica adottata, contestano le manovre di governo.
Il tasso di disoccupazione ha raggiunto il 12,2% , ci sono più di 4milioni di persone senza lavoro ed i giovani sono i più colpiti, ogni 100 ce ne sono 33 a spasso.
La Rete greca per la lotta alla povertà (Eapn) stima altresì che il paese registrerà, di questo passo, fino un terzo dei suoi abitanti sotto la soglia di povertà, in altre parole il 30% dei cittadini greci dovrà tirare a fine mese con meno di 470 Euro mensili.


Le previsioni finanziarie per il 2011 non sono certo rassicuranti “La Grecia presenta rischi di bilancio molto elevati” ammette preoccupato il Fmi, mentre da Bruxelles, il commissario Ue agli affari economici e monetari Olli Rehn, al termine dell’ultima riunione dell’Eurogruppo ha dichiarato “La Grecia potrebbe dover prendere delle nuove misure di austerità di bilancio per rispettare gli obiettivi di deficit per il 2011”. Il paese è in recessione – secondo l’ultimo rapporto dedicato all’Europa del Fmi, diffuso il 19 ottobre – e non vede luce, con un tasso di crescita del – 4% per il 2010 e  – 2,6% previsto per il 2011.
Il deficit sale più di quanto previsto nella bozza della legge di bilancio per il 2011 e a fine anno dovrebbe attestarsi al 9,3% del Pil.
L’indebitamento inarrestabile è dovuto alle entrate, ancora troppo basse e ad una rettifica al rialzo del deficit 2009. L’austerity non sembrerebbe aver cambiato di molto le cose…e mentre il debito pubblico sale e il paese decresce, viene da chiedersi se sarà mai in grado la Grecia di restituire i soldi concessi “cosi generosamente” in prestito da mezzo mondo.

Eleonora PochiFonte : http://www.fuorilemura.com/

09/12/10

"Quelli che escono da casa e scendono in piazza per i loro diritti"



Non è questione d’essere di destra o di sinistra, meritevoli o facinorosi, studiosi o fannulloni, ricchi o poveri,  lustrini o centri sociali; il diritto allo studio spetta a tutti.
Detto questo, se si passano poi in rassegna le ultime modifiche apportate al sistema universitario, è inconfutabile il progressivo collasso della qualità dell’istruzione e del significato stesso di “cultura”.
Con la riforma Berlinguer-Zecchino(2001), è stato introdotto il sistema 3+2, vale a dire le lauree triennali, per adeguarci alla maggioranza dei paesi europei e per far fronte alla alta percentuale di fuoricorso e rinunciatari agli studi. Se si considera il risvolto, a distanza di circa dieci anni, possiamo dire che il modello non ha funzionato. Sono stati attivati ben 4664 corsi di studio (mancava solo un corso per dog-sitter) che hanno generato a cascata 19.625 cattedre  ordinarie ed una media di 47,1 studenti per professore.
Tuttavia, ogni anno accademico le aule delle Università sono sempre più piene, dando esplicita dimostrazione che i giovani si danno da fare, ci credono e vogliono costruirsi un futuro cogliendo la sfida d’un piano di studi massacrante, con trentasei esami nel solo triennio e per il quale basta uno starnuto che sei già fuoricorso. Una volta raccolti tutti i punti, come fossimo in un gioco a premi, si vince il diploma di laurea e si va a casa.
Non bisogna addossare tutte le colpe all’introduzione del 3+2, quanto alla speculazione parassitaria tipicamente italiana che ha fatto regredire in primis la qualità dell’istruzione, generando un’offerta lavorativa che non risponde alla domanda reale del mercato del lavoro.
Eppure, la tempesta vera e propria è arrivata con la crisi. Il Ministro Gelmini intavola, seguendo le direttive economiche di Tremonti, una riforma che implica enormi tagli, fatali per l’Università pubblica.

30 Novembre- Studenti di Napoli per M.Monicelli
30 Novembre- Studenti di Napoli per M. Monicelli

“Gli studenti veri sono a casa a studiare, quelli in giro a protestare sono dei centri sociali e fuori corso” ha dichiarato Silvio Berlusconi a fronte della rivolta nazionale studentesca dello scorso 30 novembre. Coloro che sono scesi in piazza sono migliaia di giovani, usciti di casa perché il loro futuro è in discussione. La frase del presidente del consiglio è volta alla strumentalizzazione politica com’è di suo costume, basti rammentare la questione delle toghe rosse.
Non c’è futuro per i giovani e la risposta non è restare passivamente a casa, magari incollati davanti alla dolce televisione dei reality show che fa scendere meglio la pillola amara.
Qual’è l’effetto che si vorrebbe raggiungere in tal modo?
Proverò a spiegarlo evocando un verso di G. Soriano “In nessuna cosa siamo così tolleranti come in ciò verso cui siamo indifferenti”.
La riforma ammazza-cultura prevede, per il solo 2010, una sforbiciata da 1,3miliardi di euro, ridefinisce l’amministrazione degli Atenei e rende i ricercatori eterni precari. In altre parole viene dato più potere al Consiglio d’amministrazione(Cda) rispetto al Senato accademico. Il Cda sarà composto per buona parte da privati esterni al mondo universitario e prenderà decisioni sulla ricerca insieme ai soli professori e non più anche a ricercatori e studenti.
Il posto da ricercatore sarà trasformato in incarico temporaneo di massimo sei anni.
In una lettera indirizzata a Napolitano scritta da alcuni studenti dell’Università di RomaTre viene citata anche la modifica alle assegnazioni delle borse di studio, che limiterebbero i meno abbienti a godere dei loro diritti “Un’università che con il taglio netto alle borse di studio sarà inaccessibile agli studenti aventi famiglie economicamente disagiate poiché i fondi per il merito non verranno più assegnati in base al reddito ma in base ad un test a pagamento a carico degli studenti – continuano evocando la Costituzione – Quella Carta che all’articolo 33 tutela e detta le norme generali sull’istruzione e che al suo quinto comma rende autonome le università e le accademie considerandole “istituti di alta cultura”. Ed è proprio la cultura ciò che ci preme tutelare; il sapere che ci permette di fare delle scelte e che quindi ci rende liberi.”

Migliaia di studenti e ricercatori hanno occupato strade ed autostrade, piazze, tetti, stazioni, scuole, facoltà e monumenti simbolo della cultura, tra cui il Colosseo a Roma, la Mole Antonelliana a Torino, la Torre di Pisa, e Sant’Antonio a Padova fino ad arrivare sull’arco di trionfo a Parigi.
Il testo della riforma approvato alla camera martedì 30 novembre e in attesa della discussione in Senato dopo la fatidica data del 14 dicembre, è la sentenza a morte dell’Università pubblica, che dopo esser stata per anni depauperata da baroni, speculazioni ed interessi personali e politici, si vedrà definitivamente morire a favore dell’Università privata. Queste ultime sembrerebbero inoltre le prime beneficiare dei finanziamenti elargiti dal Governo, che premierebbero solo le Università che presentano un bilancio positivo; mentre chi è indebitato, si lascia a morire nel circolo vizioso dell’indebitamento.
“Troppi sprechi nelle Università pubbliche” ha dichiarato la Gelmini. Benissimo, siamo tutti d’accordo con questo: epurare l’università è imprescindibile, ma evidentemente le priorità della riforma divergono dal cosiddetto
“principio del buon padre di famiglia”.Allo stesso modo, per dare buon esempio al paese, si dovrebbe epurare in primis la classe politica dirigente e, prodigiosamente, tutte le altre sfere pian piano si potrebbero adeguare, compreso il mondo accademico. Attendiamo con ansia, quindi, il 14 dicembre.

Eleonora Pochi

01/12/10

L'Italia dello spreco: 1,5 tonnellate di cibo buttate nel secchio.

Mentre il 3% del Pil italiano finisce nella spazzatura, le file alle mense sociali s'allungano sempre di più. Paradossalmente c'è chi ingerisce e compra troppo e chi non ce la fa a mangiare. Il prossimo anno sarà l'anno europeo dello spreco ed ognuno di noi può contribuire alla diffusione di un modello di consumo etico e sostenibile.

In Italia ci sono 8.370.000mila persone povere, di cui oltre 393.390mila vive in condizioni di povertà assoluta, cioè non è in grado di accedere a beni di primaria necessità, quali cibo ed assistenza medica di base, che consentono di vivere uno standard di vita minimamente accettabile.
D'altra parte, ben 37miliardi di euro di cibo finiscono nel secchio.
Non solo quindi si potrebbero tranquillamente sfamare i poveri di casa nostra, ma con una quantità tale, ci si potrebbe sfamare una buona parte d'Africa.
Che il caso italiano serva da riflessione quindi, per sfatare l'enorme bugia dell'insussistenza di cibo per aiutare gli affamati del mondo. Di cibo ce n'è e pure in abbondanza.
In occasione delle giornate europee contro lo sprechi, è stato presentato il 4novembre all'Università di Bologna il “Libro nero dello spreco alimentare in Italia”, un dossier curato da Luca Falasconi e Andrea Segrè che analizza quanto e come sprecano cibo gli italiani: 250chili di cibo vengono buttati via ogni giorno dai supermercati, 20tonnellate all'anno di cibo ancora buono finiscono nel secchio di casa o in giacenza sui campi agricoli. L'alimento più “cestinato” è la carne, ne vengono buttate circa 245tonnellate all'anno.
Ogni famiglia spreca cibo per 450eu
ro e, solo in occasione del Natale, finiscono in malora 52euro di cibo per casa.
Da quando è scoppiata la crisi, centinaia di persone si sono viste costrette a rivolgersi a strutture caritative per procurarsi un pasto, oppure andare a rovistare nei cassonetti.

Per contrastare il problema la soluzione è una : consumo etico.

Non andare al supermercato all'arrembaggio sarebbe già un passo avanti, ossia non riempire il carrello di cose inutili che poi fanno da soprammobile nel frigorifero con tanto di muffa. Scrive in merito Tristram Stuart, uno scrittore inglese “In Inghilterra ogni anno, finiscono in discarica 480 milioni di yogurt mai aperti”.
Una volta presa consapevolezza di questo, si potrebbero sostenere le varie campagne ed iniziative di Organizzazioni, Ong e Onlus a favore del consumo etico...tanto per citare qualcuno: Banco Alimentare, Mani Tese e Caritas sono attivamente impegnate nella lotta allo spreco alimentare.

Eleonora Pochi

Myanmar: Più di 100mila bambini affamati

A neanche due anni di distanza dall'uragano Nargis, la Birmania è tornata a patire gli effetti devastanti delle violente calamità naturali che non sembrano avere tregua. I dati raccolti parlano di quasi mezzo milione di sfollati.

Venerdì 22ottobre il ciclone Giri si è abbattuto sulla costa occidentale del Myanmar, in Birmania. Le cifre sono ancora approssimative, fino ad ora sono più di 400.000 bambini e adulti colpiti dalla catastrofe. Nello specifico, oltre 100.000 bambini sono affamati e senza casa.“Temiamo che centinaia di bambini possano esser stati feriti o smarriti – spiega Save the Children - o separati dai loro genitori. Migliaia di persone hanno perso le loro case e le nostre squadre operative sul campo riferiscono che intere isole sono state distrutte.”
Scuole, case e, in alcuni casi, interi villaggi sono stati spazzati via.
Una delle principali preoccupazioni è l'accesso all'acqua potabile perché i pozzi sono stati distrutti.
Save the Children punta a raggiungere 80.000 persone nelle prossime settimane con cibo, acqua, sali per la reidratazione orale, compresse per purificare l'acqua e coperte.

Da Ginevra l'Onu ha riferito che dal 22 al 23 ottobre, l'uragano tropicale Giri ha causato 45 morti ed almeno 10 dispersi. Secondo l'Ufficio per il coordinamento degli affari umanitari dell'Onu(OCHA), la zona occidentale del Myanmar è stata la parte più gravemente colpita dall'uragano, interessando 400mila abitanti, 80mila dei quali sono rimasti senza casa. Ad oggi, si contano 15mila abitazioni distrutte dall'uragano. Il World Food Programme(PAM), la Food and Agricolture Organization(FAO), Save the Children e molte altre organizzazioni hanno iniziato da giorni la distribuzione degli alimenti e forniscono assistenza ai superstiti coinvolti nella catastrofe.L'uragano Giri, sarebbe stato classificato a 4/5 della scala Saffir-Simpson e, se fosse capitato nell'Atlantico – spiegano i meteorologi - sarebbe stato più forte dell'uragano Nargis, che nel 2008 colpì la Birmania, causando 130mila morti. Secondo l'Ufficio per il coordinamento degli affari umanitari dell'Onu, invece, la tempesta sarebbe stata più forte dell'uragano Nargis, ma s'è riuscito ad evitare le migliaia di morti del 2008 grazie alla tempestiva azione preventiva d'evacuazione intrapresa dalla Croce Rossa.
A differenza della precedente catastrofe, ci sarebbe inoltre una maggiore apertura da parte del governo del Myanmar verso l'arrivo di aiuti internazionali. Agli operatori umanitari di Ong e agenzie Onu pertinenti, è stato concesso quasi da subito l'ingresso nelle aree devastate. “La popolazione birmana patirà una grave carestia alimentare – aggiunge Save the Children – in tutta l'area colpita dall'uragano, per almeno sei mesi.”

Eleonora Pochi
Fonte: http://www.vocelibera.it/
Pics: Save the Children

09/11/10

NIGERIA: il piombo stermina oltre 400 bambini

E' stata la ricerca manuale e artigianale dell'oro a provocare l'avvelenamento di interi villaggi, oltre 18.000 contagiati, i più colpiti sono donne e bambini.


Dall'inizio dell'anno, nella regione settentrionale di Zamfara, sono state contaminate – secondo dati ONU – almeno 18.000 persone, e la situazione tende ad aggravarsi. Già dal mese di Marzo era stato osservato un eccesso di decessi e malattie nello Stato di Zamfara, e le indagini condotte avevano identificato la causa nell'avvelenamento da piombo e mercurio legato all'estrazione dell'oro artigianale.
E' stato rilevato in seguito, che la maggior parte delle falde acquifere, nelle quali si lavorava per la ricerca dell'oro, sono contaminate dalla presenza di metalli pesanti che infettano ambiente ed esseri umani.
Gli uomini estraggono i minerali altamente contaminati a mani nude, li portano a casa per selezionare minuziosamente i metalli preziosi da ciò che è stato raccolto, e per pulirli dalla sabbia, e spesso quest'attività è svolta da donne e bambini. Ma i bambini hanno un sistema immunitario notevolmente più debole degli adulti, quindi sono i primi ad essere avvelenati dal materiale nocivo, che comporta anemia, debolezza muscolare, danni irreversibili al cervello e nei casi più gravi porta alla morte.
Considerando che la quasi totalità degli abitanti dei villaggi di Zamfara e dintorni praticano la ricerca dell'oro come primaria fonte, o meglio speranza di reddito, il bilancio dell'epidemia è sconcertante. Migliaia di persone sono a rischio, oltre 18.000 già contagiate in sette villaggi esaminati. Si parla di oltre 400 bambini al di sotto dei cinque anni uccisi dall'avvelenamento, 500 sarebbero tenuti sotto stretto controllo dall'intervento tempestivo di Medici senza Frontiere, che denuncia: “L' individuazione di altri due villaggi inquinati sembra indicare che la contaminazione da piombo nei villaggi dello Stato di Zamfara sia un problema molto più ampio di quanto stimato in un primo momento”. Il processo di bonifica dei luoghi contaminati non può essere portato a termine nel breve periodo. Prevede la rimozione del suolo inquinato e lo studio delle aree limitrofi, che risulterebbero essere contaminate dal piombo a macchia d'olio. L'operazione è curata dall'agenzia ambientale Terragraphics.


Fonte: http://www.vocelibera.it/


Eleonora Pochi

08/11/10

Amnesty: In Italia l'abuso di potere non è punito adeguatamente

Il rapporto annuale firmato Amnesty, evidenzia la mancanza, in Italia, di tutela di diritti umani.


Dal rapporto annuale di Amnesty International, sezione italiana, emerge che il nostro Paese è privo di uno specifico reato di tortura nel codice penale. A distanza di venti anni dalla ratifica della Convenzione ONU contro la tortura, l'Italia non ha ancora adeguato l'ordinamento giuridico nazionale all'impegno internazionale intrapreso. Di conseguenza, gli atti di tortura e i maltrattamenti commessi dai pubblici ufficiali, nell'esercizio delle loro funzioni, vengono perseguiti come forme di reato minore: lesioni, abuso d'ufficio, falso ecc. e puniti quindi con pene non adeguatamente severe.
“L'Italia non ha inoltre ratificato il Protocollo opzionale alla Convenzione Onu contro la tortura – spiega Amnesty – che prevede l'adozione di meccanismi di prevenzione di maltrattamenti, tra cui un'istituzione indipendente di monitoraggio sui luoghi di detenzione, e non si è dotata di un'istituzione indipendente per il monitoraggio sui diritti umani, né di un organismo indipendente di denuncia degli abusi di polizia”. Sono state registrate frequenti denunce di tortura e di altri maltrattamenti commessi da agenti delle forze di polizia, nonché segnalazioni di decessi avvenuti in carcere in circostanze controverse. Amnesty ricorda i casi più recenti, tristemente noti. Nel giugno 2009, 10 agenti della polizia municipale di Parma sono stati rinviati a giudizio per lesioni, aggressione, sequestro di persona, calunnia, falsa testimonianza e altri reati minori, per il pestaggio di Emmanuel Bonsu, cittadino del Ghana, avvenuto nel settembre 2008. Bonsu è stato vittima di insulti razzisti e pestaggio, riportando danni a un occhio. Il 6 luglio 2009, quatto agenti della polizia di stato, sono stati condannati in primo grado per l'omicidio colposo di Federico Aldrovandi, 18 anni, morto nel settembre 2005 a Ferrara, mentre si trovava in stato di fermo. Il 14 luglio 2009, un agente della polizia stradale, Luigi Spaccarotella, è stato condannato in primo grado dal Tribunale di Arezzo per l'omicidio colposo di Gabriele Sandri, ucciso nel novembre 2007 da un colpo di pistola. Il 22 ottobre 2009, Stefano Cucchi è morto nel reparto penitenziario dell'ospedale Sandro Pertini di Roma, sette giorni dopo il suo arresto. Secondo la famiglia, le ferite rilevate sul suo corpo dopo il decesso, mostravano i maltrattamenti subiti. Nell' aprile 2010 è stata chiusa l'indagine preliminare, che ha escluso le accuse di omicidio. Restano in piedi le accuse di omissione di soccorso, aggravata dalla morte del paziente, lesioni personali e falso. Nel dicembre 2009, l'indagine per omicidio nel caso di Aldo Bianzino, morto in carcere a Perugia a ottobre 2007, si è conclusa con un'archiviazione. L'autopsia sul corpo di Bianzino aveva rivelato un'emorragia celebrale e lesioni al fegato. Ci auguriamo che la denuncia di Amnesty induca la classe dirigente a ratificare il protocollo opzionale alla Convenzione sopracitata, e ad introdurre nella nostra legislazione penale il reato di tortura.


Eleonora Pochi

25/10/10

Quando per governare serve la taglia 42

Mai avrei pensato che si sarebbe arrivati addirittura a dichiararlo con non calanche.
“E' assolutamente legittimo che per fare carriera ognuno di noi utilizzi quel che ha, l'intelligenza o la bellezza che siano” ha dichiarato a Klaus Condicio il deputato Pdl Giorgio Stracquadanio.
“Ognuno – prosegue - deve disporre del proprio corpo come meglio crede. Non mi interessa. Fino a quando esiste consenso non c'è violenza e se non c'è violenza non c`è problema”, quindi “se anche una deputata o un deputato facessero coming out e ammettessero di essersi venduti per fare carriera o per un posto in lizza, non sarebbe una ragione sufficiente per lasciare la Camera o il Senato”.
L'esponente berlusconiano ha tenuto poi a precisare “So che queste mie affermazioni susciteranno discussioni. Ma ogni volta che si dicono le cose come stanno qualche moralista alza la mano. In certi casi forse non ha neanche più senso parlare di prostituzione. Bisogna circostanziare i comportamenti. Sotto la parola prostituzione - conclude - a volte avvengono cose molto diverse tra loro”.

Chiaramente, c'è stata una valanga di commenti e critiche contro la dichiarazione del parlamentare, il quale poche ore dopo si è prontamente giustificato su Clandestinoweb quanto pubblicato dalla stampa “"Le mie parole sono state manipolate e quanto scritto sui quotidiani non ha niente a che fare con quanto ho affermato durante il programma Klauscondicio; – prosegue – basta con questa ipocrisia e questo stupido moralismo: la bellezza conta e tanto. E non mi riferisco solo alle donne, ma anche agli uomini. Non è forse vero che noi tutti ci rasiamo e andiamo dal barbiere per essere più piacenti?”.

Prendiamo un ministro a caso: Mara Carfagna. Salernitana, 18 dicembre 1975, laureata in giurisprudenza, deve la sua notorietà pre-politica a una serie di apparizioni in programmi televisivi: dal 2000 al 2006 è stata una fedelissima de La domenica del villaggio (condotto da Davide Mengacci come co-condruttrice, e ha poi accompagnato Giancarlo Magalli in Piazza Grande, oltre a essere stata parte dei casti de I cervelloni, Vota la voce, Domenica In. E nel 2007 ha fatto un cameo in Boris. Dopo aver conseguito la maturità scientifica ed il diploma di ballo presso la scuola del San Carlo di Napoli, Mara Carfagna continua la sua formazione di ballerina a New York, studia recitazione e per otto anni si dedica allo studio del pianoforte in conservatorio.Nel 1997 partecipa al concorso di Miss Italia classificandosi al 6º posto e conseguendo il titolo di Miss Cinema [ansa.it]. Nel 2001 si laurea in Giurisprudenza presso l'Università degli Studi di Salerno, discutendo una tesi sul Diritto dell'informazione e sistema radiotelevisivo[sito ufficiale].
Mi complimento con la ministra, che tra attività di modella di nudovalletta, conduttrice televisiva e ballerina è riuscita pure a studiare e lavorare abbastanza da presiedere il ministero delle pari opportunità.
Conosco donne che hanno laurea, master, dottorato di ricerca, esperienze lavorative ad istituzioni europee ed internazionali ma non hanno avuto tempo di dedicarsi ad attività piacevoli e ricreative come quelle svolte dal Ministro Carfagna.
Dunque non avrebbero i requisiti minimi per fare politica? Mi chiedo...e chiedo alla Ministra Gelmini, qui la meritocrazia dov'è?
Ad oggi c'è una gravissima situazione di disparità tra i sessi ed è una cosa inconcepibile per un paese democratico nel XX° secolo. Una donna è oramai una velina anche se con tre lauree e quattro master. Tutto questo grazie a chi?

Nota: Avevo allegato all'articolo una foto presa da un calendario di nudo della ministra ma ho deciso in seguito di riportarne solo il link poichè troppo poco adeguata al contenuto di questo blog, la vedo più a tema in una cabina d'un camion.

Eleonora Pochi

Gaza: la Saint Mariam ha cercato di forzare il blocco, i media indifferenti.

 Lo scorso 31 maggio Israele ha posto un agguato militare alla Fredoom Flottilla, il convoglio di 9 navi con aiuti umanitari dirette a Gaza, uccidendo nove civili turchi. Poco tempo dopo il Saint Mariam, un equipaggio multireligioso e multinazionale, ha tentato di arrivare a Gaza, ma la nave è stata bloccata.

22 Ago – Una nave carica di aiuti umanitari d'origine libanese sarebbe dovuta partire da Cipro, direzione Gaza, e dopo il no delle autorità locali è stata tentata la partenza direttamente dal porto libanese di Tripoli. Non è riuscita, con la motivazione che tra il Libano ed Israele, essendo tecnicamente in stato di guerra, non sono possibili collegamenti.
La nostra posizione è chiara. L'arrivo e la partenza di imbarcazioni da e per Gaza attraverso i porti di Cipro sono proibiti e metteremo in pratica la nostra decisione” ha detto Reuters Michalis Katsounotos, portavoce della polizia di Cipro.
Così la Mariam, con un equipaggio tutto al femminile, ha tentato di salpare dal porto di Tripoli, nostrando di non farsi scoraggiare.
Noi insisteremo – aveva dichiarato Samar el-Hajj, organizzatrice della spedizione – non abbiamo armi e andremo a Gaza”.
Inoltre un responsabile del porto di Tripoli, ha dichiarato : “La nave Mariam ha ricevuto l'autorizzazione per dirigersi verso Cipro, ma non verso altra destinazione”.
La conferenza stampa sulla spedizione è stata interrotta dalla decisione dell'esercito di vietare ai giornalisti l'ingresso.
In una lettera al segretario generale delle Nazioni Unite, Gabriela Shalev(ambasciatore di Israele alle Nazioni Unite) riferisce che il gruppo organizzatore del viaggio “è sospettato di avere legami con l'organizzazione terroristica degli Hezbollah” e prosegue “gli organizzatori cercano di causare uno scontro ed aumentare la tensione nella nostra regione. Israele si riserva quindi il diritto, in conformità alle leggi internazionali, di utilizzare tutti i mezzi necessari per impedire a questa barca di violare il blocco navale di Gaza”.
Israele, quindi, da parte ha prontamente dichiarato il netto rifiuto verso la spedizione di aiuti umanitari. “Non permetteremo alle navi di raggiungere Gaza, area controllata dal 2007 da Hamas, gruppo militante palestinese”.
La saint miriam non è mai partita.
Tutto il mondo è contro di noi - ha detto Hajj, la principale promotrice dell'iniziativa - ma il viaggio è solo rinviato. Partiremo non appena troveremo un porto intermedio dove dirigerci”. Cipro ha detto no all'intenzione degli attivisti libanesi perché ha ritenuto la spedizione “una provocazione in grado di scatenare una dura reazione militare e diplomatica di Israele”.

Eleonora Pochi

IRAQ: WIKILEAKS DOCUMENTA GLI ORRORI, 109MILA MORTI

23 OTT 2010
(AGI) - Dubai, 23 ott. - La bomba di Wikileaks e' esplosa sull'Iraq, con la pubblicazione di 400mila documenti secretati da cui emergono torture sistematiche praticate dalle truppe di Baghdad, migliaia di casi di vittime civili, gli aiuti forniti dall'Iran alle milizie sciite. Dai 'file' anticipati da Al Jazira e apparsi subito dopo sul sito di Julian Assange, si apprende che dall'inizio del conflitto in Iraq nel 2003 fino al 2009 sono morte piu' di 109.000 persone di cui oltre la meta', 66.000, erano civili. Di questi ultimi ben 15mila hanno perso la vita in incidenti di cui finora non si sapeva nulla e che nella maggior parte dei casi sono ascrivibili ai militari iracheni, ha riferito il gruppo londinese Iraq Body Count.
 
Washington aveva sempre negato di disporre di una contabilita' delle vittime in Iraq. Nel racconto dell'orrore quotidiano della guerra emergono storie imbarazzanti per gli Usa che potrebbero avere effetti imprevedibili sulle elezioni di Mid-Term del 2 novembre.
  Anzitutto la copertura delle torture praticate dai militari iracheni, ma anche tantissime le uccisioni di civili ai posti di blocco americani, 681 tra cui donne incinte e bambini. Il Pentagono ha minimizzato osservando che molti episodi erano "stati a suo tempo ampiamente riportati in servizi di cronaca", ma il danno resta potenzialmente immenso. Da parte sua, il segretario di Stato, Hillary Clinton, ha condannato "nei termini il piu' chiari possibile" la divulgazione di qualsiasi documento che metta a rischio la vita degli americani.
Nei file desecretati, c'e' il racconto delle torture inflitte ai prigionieri da parte dei soldati iracheni (abusi fisici di ogni tipo, con particolari raccapriccianti, comprovati dai referti sanitari) e sistematicamente ignorati dagli americani, tranne un intervento isolato nel 2005. Si parla di sistemi simili a quelli impiegati sotto Saddam Hussein: detenuti frustati ai piedi con cavi pesanti, altri appesi ai ganci fissati al soffitto o che ricevevano scosse elettriche sul corpo; e ancora la violenza sessuale o la sua minaccia (un detenuto ha raccontato di esser stato sodomizzato con una bottiglia d'acqua, un altro con un tubo flessibile).
  Almeno sei detenuti, se non di piu', sono morti per le percosse ricevute.
I militari Usa scoprirono migliaia di vittime di esecuzioni sommarie, senza che questo venisse denunciato. C'e' poi il caso di un elicottero Apache, quello gia' coinvolto nell'uccisione di due giornalisti della Reuters documentata da Wikileaks, che avrebbe sparato a due miliziani che volevano arrendersi. E si scopre che nel 2005 Al Qaeda voleva attaccare il carcere iracheno di Abu Ghraib, la "prigione delle torture" chiusa dall'Amministrazione Obama.

Fonte: http://www.agi.it/in-primo-piano/notizie/201010230854-est-rt10004-iraq_wikileaks_documenta_gli_orrori_109mila_morti

12/10/10

Il Colonialismo Moderno

 
Il divario che c'è tra "Paesi Sviluppati" e "Paesi in Via di Sviluppo " è semplicemente il risultato del secolare sistema coloniale. La politica agraria delle potenze coloniali non considerava la sicurezza alimentare della popolazione locale, ma semplicemente la coltivazione di cereali e piante ai propri fini commerciali. La situazione, ad oggi, non sembra granché cambiata.
Stiamo assistendo ad un nuovo fenomeno a livello planetario. E' l'acquisto da parte di multimilionari, multinazionali e PS di grandi estensioni di terra nei PVS.

...Perché si comprano terreni in paesi poveri?
Viene data sempre più attenzione alle colture per la produzione di biocombustibili, dato che il problema della scarsità del petrolio si fa sempre più imponente.
Cina, India, Giappone, Corea del Sud ed altri che presentano un grande dinamismo economico,devono far fronte agli alti tassi demografici ed il problema che gli si pone innanzi è la scarsità di terre coltivabili per poter riuscire a sfamare i loro popoli.
In realtà la maggior parte delle terre che interessano questi paesi e che vengono acquistate,sottratte,affittate ai PVS non servono per colture destinate all'alimentazione dei popoli, ma servono per essere trasformate in biocarburanti. Non tutti gli investimenti nei Pvs, quindi, sono guidati da nobili principi.

Alcuni studiosi sostengono la tesi di un nuovo colonialismo,secondo la quale le terre coltivabili nei paesi del quarto mondo vengono tranquillamente espropriate ai contadini, che perdono di conseguenza anche l'accesso all'acqua e ad altre risorse vitali. I terreni sono destinati all'agricoltura industriale,il consumo di acqua è elevatissimo come i livelli di contaminazione del suolo a causa dell'uso intensivo di fertilizzanti chimici.
Altri economisti e studiosi, sostengono invece che investimenti di questo tipo, siano un aspetto positivo per i PVS, in particolar modo perché incidono positivamente sull'occupazione e sul progresso tecnologico.
 Spero che ricordiate il caso d'una tigre asiatica quale è la Corea del Sud ed un paese de quarto mondo,il Madagascar. Gli attori sono la multinazionale coreana Daewoo Logistics Corporation (DWL) ,il governo ed il popolo malgascio...Non sò voi, ma io di nobili principi, in quel caso, non ne ho visti e non ne vedo tutt'ora.


Eleonora Pochi


08/10/10

Come si muore per fame

La fame è una delle più lente ed umilianti forme di morte.
Il suo effetto più immediato è la rapida perdita ponderale di peso, man mano che il  corpo consuma le riserve di grasso e poi di tessuto muscolare.
Con una dieta di 1.600 calorie giornaliere, equivalenti a mezzo chilo di cereali, il corpo perde un quarto del suo peso in due o tre mesi.Questa, la prima fase della carenza alimentare, è un'immagine che la televisione ci ha reso familiare. Tutto ciò è il primo stadio dell'inedia.

Per "inedia" si intende una grave riduzione nell'apporto di vitamine , nutrienti e in generale di energia. Essa rappresenta la più estrema forma di malnutrizione. Negli esseri umani , uno stato di inedia prolungata causa danni permanenti agli organi, portando alla morte.
Secondo la Fao più di 25.000 persone muoiono di inedia ogni giorno, un bambino ogni cinque secondi. Gli individui affetti da inedia perdono sostanzialmente materia grassa e materia muscolare perché il corpo si rivolge a questi tessuti per ricavarne energia.
La pelle diventa, ora dopo ora, secca e pallida. Gli adulti hanno spesso corpi smunti e addomi incavati, mentre i bambini presentano un ventre gonfio per i gas generati dai batteri che si moltiplicano nello stomaco e nell'intestino.
Inoltre la capacità motoria si riduce ed insorge un'apatia generale. Se l'assunzione di cibo diminuisce ancora,  si verifica una maggiore perdita ponderale con un incremento del tasso di mortalità.
Psicologicamente il desiderio di cibo è dominante , tutte le altre emozioni si attenuano. Si riscontra un abbassamento delle norme morali e in condizioni estreme possono ricorrere fenomeni come l'omicidio e il cannibalismo.
In questa seconda fase il corpo smette di dimagrire e comincia a gonfiarsi: si verifica quella che nell'età medioevale si chiamava “idropsia” e che oggi va sotto il nome di edema, definita dall'enciclopedia britannica  come “rigonfiamento dovuto all'imbibizione dei tessuti interstiziali”.
La mancanza di proteine infatti provoca il passaggio di fluidi dal compartimento vascolare a quello interstiziale tissutale che, se leso con un ago, produce la secrezione di un fluido liquido non coagulabile.

Clinicamente , la MPE si presenta in una forma asciutta e umida. La forma asciutta, il marasma, deriva da un digiuno quasi completo con carenza sia delle proteine che delle sostanze nutritive non proteiche. Il bambino con marasma consuma delle quantità di cibo molto piccole (perchè spesso sua madre non riesce ad allattarlo) ed è molto magro per la perdita della massa muscolare e del grasso corporeo.
La forma umida è chiamata Kwashiorkor , che nel mondo africano significa “primo bambino-secondo bambino”. Questo termine si riferisce al fatto che il primo bambino sviluppa una MPE quando nasce il secondo bambino, che lo sostituisce al seno materno. La prole svezzata viene alimentata con poca pappa di avena, che possiede scarse qualità nutrizionali in confronto al latte materno, e non riesce a crescere.
Il “Kwashiorkor” è dovuto ad una deficienza cronica di nutrienti (ferro, acido folico, iodio, selenio, viatamina C ) in particolare quei nutrienti con capacità antiossidante. Tuttavia esistono diverse spiegazioni per motivano lo sviluppo del  Kwashiorkor , rendendo l'argomento ancora controverso.
I sintomi di questa patologia includono un addome gonfio noto come “pancia a pentola” (raffigurata nell'immagine), una decolorazione rossiccia dei capelli e la depigmentazione della pelle.

Eleonora Pochi

04/10/10

Disoccupazione giovanile : Il paese torna indietro di dieci anni



L'Istat ha reso noto il tasso di disoccupazione giovanile (15-24 anni) di questo trimestre: 27,9%, cifra record dal 1999.
Come meravigliarsi. Solo nel secondo trimestre 2010 la schiera dei disoccupati è aumentata di 195mila unità, rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente, contando complessivamente ben 2.136.000 persone in cerca d'impiego (parametro destagionalizzato)- livello più alto dal 2001.
Il picco è al Mezzogiorno, con un risonante 40% che ricade maggiormente sulle donne. In pratica su cento italiani oltre nove non lavorano ed ogni 100 giovani ce ne sono 30 disoccupati.
A commentare i dati comunicati dall'istituto, il Ministro del Lavoro Sacconi: “l’Italia ha indicatori complessivi significativamente migliori della media europea. Dal punto di vista strutturale sono particolarmente rilevanti la disoccupazione e l’inattività giovanili, nonostante che rimangano molti, anche nel Sud, i lavori cercati e non trovati dalle imprese. La fondamentale risposta rimane quindi quella educativa e formativa, affinché le competenze corrispondano a quelle richieste dal mercato”
Tuttavia, la tendenza di questi dati preoccupa più degli stessi. I tassi di disoccupazione oscillano solamente di uno 0,1% in più e in meno rispetto ai dati dello scorso trimestre, ma non sono stati creati e non ci sono nuovi posti di lavoro dall'inizio dell'anno. Questo sta a significare che il mercato del lavoro è in piena fase di stagnazione e non accenna inversione di tendenza.
Fonte : abitarearoma.net - Eleonora P.

01/10/10

l'arma alimentare

Alcune potenze, che siano Stati o Multinazionali, utilizzano la privazione di cibo come arma contro coloro ai quali vogliono imporre la loro volontà.
La Dichiarazione di Roma del 1996 impegna gli Stati a rispettare la seguente disposizione: “Il cibo non dovrebbe essere usato come strumento di pressione politica ed economica”. Si limita però alla necessità di astenersi dalle sole misure unilaterali.
I Protocolli aggiuntivi della Convenzione di Ginevra per la tutela delle popolazioni civili stabiliscono: “E’ proibito attaccare, distruggere, rendere inutilizzabili oggetti indispensabili alla sopravvivenza della popolazione civile come alimenti, colture, installazioni idriche”. Eppure la realtà appare ben diversa. Alcuni colossi multinazionali regolano il mercato alimentare dell'intero pianeta e se vogliono, insieme a governanti e finanzieri distruggono tonnellate su tonnellate di cibo, considerato un surplus, ossia una scomoda eccedenza poco gradita alle regole del mercato.
E' altresi' opportuno precisare che la maggior parte dei cereali prodotti a livello mondiale è utilizzata per la nutrizione di animali (660.000.000 di tonnellate) contro i 200.000.000 di tonnellate utilizzati per l'alimentazione umana .
Gran parte dei cereali prodotti sulla terra vengono utilizzati in Occidente per alimentare quel bestiame che viene poi consumato da noi sotto forma di carne, uova, latte.
Se l'enorme quantità di cereali destinati all'alimentazione di bestiame venisse impiegata direttamente nell'alimentazione umana, potrebbero venir nutrite ben 2.500.000.000 persone. Con la sola quantità di cereali che U.S.A. e U.R.S.S. destinano al bestiame, si potrebbero nutrire 1.000.000.000 di persone.
La fame non c'è per scarsità di cibo, ma per scarsità d'intenti.



Eleonora Pochi


30/09/10

Non basta un mondiale di calcio


Alla cerimonia di chiusura, Mandela è sceso in campo con gli occhi lucidi dall’emozione, per salutare gli 80mila tifosi presenti nel Soccer City Stadium di Johannesburg. Un uomo che ha richiamato l’attenzione al vero Sudafrica. Che non è vuvuzuela è delinquenza, ma la terra dove un popolo intero ha sconfitto l’Apartheid.

Johannesburg, 11 giugno 2010, ore 16.10: fischio d’inizio della FIFA World Cup 2010. Milioni di persone, luci, riflettori e telecamere sintonizzate sui dieci stadi sudafricani, che hanno ospitato le 32 squadre protagoniste di questo campionato. La canzone ufficiale è stata “Waka Waka (This time for Africa)”. Ma è tempo per Africa?
Un mondiale di calcio può cambiare l’Africa? Forse si voleva scimmiottare il mondiale di rugby del 1995, che vide il trionfo del Sudafrica e l’abbattimento dell’apartheid. Il ricordo più bello di questi mondiali, che rimarrà nei cuori di tutti, è stato il sorriso di Nelson Mandela. Dopo la chiusura di Shakira, fuochi d’artificio e festeggiamenti per la vincita della Spagna, Mandela scende in campo, con gli occhi lucidi dall’emozione, per salutare gli 80mila tifosi presenti nel Soccer City Stadium di Johannesburg. Un uomo che ha richiamato l’attenzione al vero. Il Sudafrica non è vuvuzuela e delinquenza, e Mandela ricorda al mondo proprio questo. È il paese che ha sconfitto l’apartheid, un popolo straordinario pieno d’amore e di speranza. Alla resa dei conti è il calcio che ha perso. Si pubblicizzava questo mondiale come fosse l’occasione per riscattare tutti i mali inflitti al Sudafrica, forse perché noi occidentali volevamo metterci un po’ a posto con la coscienza. Pareva quasi che la Fifa si fosse trasformata in Cri!


Diritti umani
Secondo Amnesty International, poco tempo prima dell’inizio del Campionato mondiale di calcio, sono aumentate notevolmente le operazioni di polizia contro venditori ambulanti, senza tetto, rifugiati o migranti che vivono in insediamenti informali. Per mano della polizia sono state effettuate irruzioni, arresti arbitrari, maltrattamenti, estorsioni e distruzioni di baraccopoli. Tutto senza preavviso né predisposizione di un alloggio alternativo adeguato o risarcimento, in completa violazione delle leggi nazionali che proibiscono lo sgombero coatto in qualsiasi circostanza. A questo punto ci si chiede quale sia la carta che ha legittimato e legittima queste operazioni. È il regolamento derivante dalle norme Fifa, istituito per soddisfare i requisiti richiesti dalla Federazione sportiva nelle città sedi dei mondiali. Chi viola un regolamento rischia fino a sei mesi di carcere oppure, nell’ipotesi migliore, una multa di circa 1.100 euro. Gli stessi regolamenti, prevedono l’uso massiccio di risorse per garantire la protezione dei visitatori e si teme di un abuso della forza
contro presunti criminali, in modo non conforme agli standard del diritto umanitario e internazionale. Inoltre l’impiego concentrato delle forze di polizia, riduce e ridurrà di riflesso la sicurezza e l’incolumità dei cittadini sudafricani, specialmente di quelli che vivono nei quartieri più poveri dove la prevenzione del crimine costituisce già una seria sfida. Calato il sipario sui mondiali, sembra che sia in atto una vera e propria fuga di immigrati dal Sudafrica minacciati di violenze xenofobe dagli abitanti del paese. È stato detto loro: “Dovete andarvene immediatamente dopo la Coppa del Mondo” secondo quanto riportano alcuni quotidiani africani. Disoccupazione e disuguaglianze Il Sudafrica presenta un tasso di disoccupazione perennemente alto, una diseguale distribuzione del reddito, con un’elevata concentrazione della ricchezza nelle poche tasche dei più fortunati. Un altro problema strutturale del paese è la carenza di infrastrutture e servizi di base, che porta alla morte sempre più persone. Le spese sostenute dal governo per organizzare la World Cup hanno sicuramente creato alcune opportunità temporanee di lavoro e migliorato il servizio di trasporto pubblico, tuttavia dalle comunità povere continuano a denunciare che la maggioranza dei cittadini è stata ed è totalmente esclusa dai benefici derivanti dall’organizzazione dei Mondiali di calcio di quest’anno. “I requisiti stabiliti dalla normativa Fifa, che prevedono ampie zone di esclusione in cui non sono consentite attività economiche informali, – afferma Amnesty International - sono visti come particolarmente dannosi nel contesto di un paese in cui ampia parte della popolazione basa la propria sopravvivenza sui proventi dell’economia informale”. Nonostante l’impegno del governo sudafricano nella lotta alla povertà e all’Hiv, c’è bisogno della stessa determinazione mostrata nella preparazione dei Mondiali di calcio per superare le difficoltà relative ai trasporti e tutti gli altri ostacoli.

C’è bisogno inoltre di un serio impegno contro il proliferare del traffico di minori (il Sudafrica è una delle mete più ambite per il turismo sessuale). Alcune Ong locali hanno segnalato che in questi ultimi mesi il movimento di ragazzini non accompagnati lungo il confine è notevolmente aumentato. “La frontiera di Ressano Garcia è un ‘colabrodo’ dove ogni giorno i trafficanti portano dal Mozambico in Sudafrica centinaia di bambini e bambine - denunciano le Ong promotrici della campagna ‘Tutti in campo contro il traffico dei bambini’ - l’attrazione per le opportunità offerte dai Mondiali è irresistibile, specie per chi vive in condizioni precarie”. Il Sudafrica ha fatto molti passi in avanti nella legislazione per la difesa dei diritti dei bambini, ma non è ancora stata approvata la legge specifica per la prevenzione e la lotta contro il traffico di esseri umani. Il presidente sudafricano Jacob Zuma ha rilasciato varie dichiarazioni sui rischi di traffico di minori durante la Coppa del Mondo, incitando genitori e tutori a non perdere di vista i bambini durante le lunghe vacanze scolastiche stabilite per il grande evento calcistico. “Le scuole sono state chiuse per ridurre il rischio di traffico – dichiara Joan van Niekerk di Childline South Africa - tuttavia il 70% dei bambini fanno affidamento sui pasti dati a scuola. In Sudafrica ci sono milioni di bambini affamati senza una famiglia alle spalle e i depliant contro il traffico non significano assolutamente niente per chi ha fame. Più importante è lavorare sul campo con interventi di prevenzione del traffico, puntando su istruzione e sviluppo”. A suon di “Waka Waka - This time for Africa” minori, sfollati, poveri ed immigrati si trovano ancora a fare i conti con il lato ignoto di questi mondiali. Non basta di certo una bella canzone e qualche bella pubblicità per cambiare la situazione africana. Conta quello che di vero c’è dietro queste azioni. È davvero tempo per l’Africa?

Eleonora PochiFonte: Solidarietà Internazionale

Il martirio di Gaza - La Freedom Flottilla

Sei navi, 700 persone in viaggio verso Gaza per portare aiuto alla popolazione civile, stretta da un embargo disumano. L’attacco dell’esercito israeliano in acque internazionali. Nove morti (secondo la versione ufficiale). L’Italia vota contro un’inchiesta internazionale voluta dalle Nazioni Unite.


Nel 1947 gli inglesi respingevano la nave “Exodus” carica di 4.500 ebrei sopravvissuti ai campi di concentramento che cercavano di entrare in Palestina. Sessant’anni dopo vengono a galla i risultati del buon esempio occidentale.
Nella realtà moderna abbiamo lo Stato d’Israele, nato sotto il segno della violenza perpetrata e subita, e poi c’è Hamas che da trent’anni rivendica, con connotazioni religiose, la distruzione di Israele. Tra i due litiganti chi ci rimette è il popolo. In nome di una guerra giusta (considerata tale anche dall’Italia) in risposta ad attacchi terroristici, tra il 27 dicembre 2008 e il 18 gennaio 2009 Israele sferra l’operazione “piombo fuso” su Gaza, provocando 1.400 morti, di cui 900 civili, e più di 9.000 feriti.
Gaza: un territorio sigillato
Oggi la striscia di Gaza è un territorio completamente sigillato, un carcere a cielo aperto. La densità della popolazione è enorme e al momento dell’attacco Gaza era sostanzialmente senza difese. Si possono quindi comprendere le cifre delle vittime innocenti della guerra e le tragedie umane che per anni sono e saranno la conseguenza di questa operazione: una recente indagine internazionale condotta da tre università sembra rivelare l’uso di nuove armi sperimentate a Gaza, che esporrebbero la popolazione al rischio di mutazioni genetiche. Metalli e sostanze cancerogene sono stati individuati nei tessuti di alcune persone ferite durante le operazioni militari israeliane del 2006 e del 2009. Hanno effetti tossici sulle persone e danneggiano il feto o l’embrione nel caso di donne incinte. Inoltre, una delle ricerche condotte rileva la presenza di tossine nei crateri prodotti dai bombardamenti israeliani a Gaza, indicando una contaminazione del suolo che, associata alle precarie condizioni di vita, in particolare nei campi profughi, espone la popolazione al rischio di venire a contatto con sostanze velenose. Ma non finisce qui. È un dato di fatto che la razza umana non conosce limiti.
La nuova strage
Nella notte del 31 maggio 2010 l’esercito israeliano attacca un intero convoglio umanitario di pacifisti, facendone strage. Ong di tutto il mondo, riunite in una coalizione internazionale, hanno organizzato 10mila tonnellate di aiuti umanitari destinati a Gaza, per sopperire all’assurdo embargo imposto da Israele. Un movimento chiamato “Free Gaza”: sei navi, 700 passeggeri, una coalizione internazionale, la “Freedom Flotilla”. Cittadini di diverse nazionalità hanno deciso di agire e imbarcarsi per Gaza per aiutare una popolazione in difficoltà a fronte del fallimento dei governi e degli organismi internazionali. I popoli sono capaci di questo: di pagare con la loro vita per aiutare qualcun altro. La “Mari Marmara”, battente bandiera turca, è stata la nave che ha subìto l’attacco più violento dell’esercito israeliano. Un vero e proprio atto di pirateria, in acque internazionali, che ha provocato nove morti (i testimoni tuttavia dichiarano di aver visto molti corpi gettati in mare, circa una ventina) e numerosi feriti, la maggior parte dei quali di nazionalità turca. La Turchia è rimasta profondamente indignata dall’accaduto. Da parte sua minaccia Israele di riconsiderare i rapporti politici, militari ed economici. Inoltre, giorni fa ha considerato la possibilità di scortare una nuova missione pacifista per Gaza con la flotta turca. Una situazione tesa, anzi tesissima, che evoca l’immagine della Turchia quale scorta di missioni umanitarie, pronta a fare guerra ad Israele. L’odio porta solo odio, nient’altro. Inoltre ha richiamato il proprio ambasciatore in Israele e ha chiesto subito un’urgente riunione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. Paradossale la dichiarazione dell’ambasciatore israeliano negli Usa che ha definito il fatto “pienamente legale, tutt‘altro che disumano e sicuramente responsabile”. In un’intervista rilasciata a Fox News ha aggiunto: “Israele ha agito nel rispetto della legge; ogni Stato ha diritto di difendersi. Per Israele questo diritto è tanto più lecito di fronte alla minaccia terroristica rappresentata da Hamas. Pertanto, sebbene l’atto sia stato condotto in acque internazionali, gode di legittimità”. Oren giustifica con fermezza l’assassinio dei nove operatori umanitari internazionali a bordo della Flottiglia e legittima gli arresti degli attivisti. Si vorrebbe far credere che alle 4.30 del mattino tre corvette, gommoni silenziosi, elicotteri con truppe speciali e uomini rana avvolti in tute nere avessero assaltato la “Mari Marmara” giusto per invitare i passeggeri a non avanzare e si fossero trovati costretti a sparare per legittima difesa. Be’, non crediamoci! L’autopsia sui corpi delle vittime turche rileva una morte per colpo d’arma da fuoco ravvicinato, alla testa. Esecuzione più che legittima difesa, direi.
Il “no” dell’Italia all’inchiesta internazionale
E mentre il premier israeliano Netanyahu afferma: “Sono orgoglioso dei miei soldati”, il presidente palestinese, Abu Mazen, condanna il blitz israeliano come atto esplicito di “terrorismo di Stato”. Pochi giorni fa il Consiglio dei diritti dell’Uomo dell’Onu ha adottato a Ginevra una risoluzione per una “missione d’inchiesta internazionale”, con lo scopo di indagare sulle violazioni di leggi internazionali. La risoluzione però non è stata approvata all’unanimità. Oltre la scontata contrarietà israeliana: “Non abbiamo bisogno di alcun aiuto internazionale”, proclamata dal ministro Daniel Herhkowitz, ce ne sono altre. I tre “No” sono stati pronunciati da Italia, Usa e Olanda. Scandalose le rispettive motivazioni: “Si ritiene Israele uno Stato democratico e perfettamente in grado di condurre un‘inchiesta credibile e indipendente, il che non significa necessariamente internazionale” (Mauro Massari - portavoce Farnesina); “La risoluzione crea una missione internazionale prima di dare la possibilità ad un governo responsabile di indagare esso stesso su questo incidente e, di conseguenza, rischia di politicizzare ancora di più una situazione già fragile”(Eileen Donahoe - ambasciatrice americana). Bisogna ricordare ai paesi contrari che nel caso di un’indagine interna, le uniche fonti disponibili per ricostruire il tragico assalto e indagare sarebbero israeliane. Le stesse fonti che due ore prima dell’attacco hanno messo fuori uso i telefoni cellulari dei pacifisti (circa 700). Da quel momento, sino al rilascio di alcuni pacifisti arrestati, le autorità non hanno fatto trapelare neanche un filo di testimonianza. Anzi, alcuni media e istituzioni israeliane hanno dichiarato, poche ore dopo l’attacco, che i “pacifisti” sarebbero stati armati e avrebbero reagito violentemente all’invito israeliano di non avanzare per Gaza, ma di attraccare al porto di Ashdod. Pochi giorni dopo la strage s’intravede dalla costa palestinese l’ultima nave della flottiglia, partita da Cipro in ritardo, l’olandese “Rachel Corrie” che cerca di forzare il blocco e approdare a Gaza, malgrado le pesanti intimidazioni di istituzioni e forze armate israeliane. Dopo l’oscuramento della radio e del sistema radar di bordo, l’esercito passa di nuovo all’azione forzata, ma stavolta senza spargimenti di sangue. La nave è stata intercettata da navi da guerra e costretta sotto scorta a dirigersi verso il porto di Ashdod. I 19 passeggeri della nave sono stati tutti espulsi.
I racconti dei superstiti
I primi operatori tornati a casa hanno cominciato a raccontare la loro odissea. Alcuni avrebbero affermato di essere stati storditi con i “Teasers”, ossia apparecchi a scossa elettrica usati dalla polizia. Daniele Luppichini, italiano rimpatriato, racconta: “Io non ero presente sulla Mari Marmara, però quello che ho sentito quando siamo stati condotti in carcere è drammatico”. In particolare l’attivista italiano cita la testimonianza di Jerrie Campbell, un’infermiera australiana che si trovava a bordo della nave turca. “Mi ha riferito di aver contato tra i 15 e i 20 cadaveri e di avere anche visto gettare in acqua diversi corpi. E anche gli altri passeggeri della Mari Marmara raccontavano le stesse, identiche cose”. Prosegue: “I militari ci hanno sequestrato tutto quello che sarebbe potuto servire per raccontare quanto accaduto, dalle telecamere ai bloc-notes. È evidente che Israele non vuole far conoscere la verità al mondo – dice –. Perché non ci restituiscono il materiale sequestrato? Perché non sono rese note le liste complete degli attivisti presenti sulle navi attaccate? Se davvero non hanno niente da nascondere, perché lo fanno?”. Siamo davvero preoccupati, quindi, del “No” pronunciato. Auspichiamo che l’Italia riprenda il prima possibile il suo ruolo di paese democratico e portatore di pace e dialogo a livello internazionale. Dopo il “no” per il rapporto Goldstone, il “no” per un’inchiesta internazionale, anche noi diciamo “no”, ma inteso come rifiuto all’atteggiamento assunto dal nostro paese. Ci dissociamo. Tutti dovremmo dissociarci: i governi luccicano d’ipocrisia mentre operatori umanitari si fanno ammazzare per aiutare uomini, donne e bambini oppressi da anni, i quali non arrivano sugli schermi delle nostre case perché è scomodo far sapere al mondo di crimini così ingiusti. Abbiamo avuto l’occasione di vedere filmati dei bombardamenti di“Piombo Fuso” su Gaza, che non sono passati nei telegiornali e di certo non per la crudezza delle immagini... Speravamo che dopo la seconda guerra mondiale, per lo meno gli europei avessero capito che l’odio distrugge e non serve. In quelle immagini traspariva odio puro. Guardando alla situazione attuale, ci si chiede davvero come può nel XXI secolo uno Stato democratico inviare un commando militare per uccidere persone disarmate a bordo di navi civili cariche di aiuti umanitari in acque internazionali? La maggioranza dei beni a bordo di alcune imbarcazioni della flottiglia sono stati messi al bando dallo Stato ebraico e, nonostante l’Onu abbia dichiarato che il blitz sia stato diretta conseguenza del blocco, l’embargo di Gaza continua. Non passano neanche quei materiali da costruzione necessari per rimettere in funzione il sistema idrico, la rete fognaria e la centrale elettrica di Gaza. Neanche chi è malato e bisognoso di cure. In tutto questo, il ministro Ronchi s’affretta a dichiarare: “L‘Italia è con lo Stato ebraico” avvilito, dice, da “manifestazioni d’estrema sinistra di protesta offensiva”. Ancora una volta si strumentalizza l’instrumentalizzabile. Sempre per cercare di dividere, creare discrepanze, indifferenza, paura e ignoranza. Non c’è da dibattere a mio avviso. Sarebbe opportuno un atteggiamento unanime di sdegno della comunità internazionale di fronte a fatti così gravi. Invece pare sia tutto concesso, nonostante la palese trasgressione di tutti i trattati internazionali, contro i diritti umani, contro ogni etica, contro la democrazia e il rispetto umano. Uno degli ultimi attivisti rimpatriati ha detto: “Abbiamo fallito la nostra missione. Ma ora vogliamo che il mondo intero, che tutti i cittadini si alzino e parlino apertamente. Stop all’embargo, stop all’assedio”. I cittadini greci a fronte delle riforme strutturali gridavano “Peoples of Europe rise up”. Riprendendo il loro slogan, credo sia il caso di dire: “Peoples of the world rise up”. Credo sia arrivata l’ora di spegnere i reality show ed aprire gli occhi sul mondo, quello vero.


Fonte: Solidarietà Internazionale - Eleonora P.