29/02/12

Rossella Urru e Giovanni Lo Porto liberi

Due cooperanti italiani rapiti, una in Algeria, l'altro in Pakistan, sui quali istituzioni e media fanno troppa poca luce

Centoventuno giorni sono trascorsi dal rapimento di Rossella Urru, cooperante del Cisp rapita nella notte tra il 22 e il 23 ottobre scorso in un campo profughi Sarahawi, in Algeria. Di lei non si hanno notizie, fuorché voci di un probabile coinvolgimento di al-Qaeda nel sequestro. Di fatto, le nostre istituzioni e i media nazionali sembrano non attribuire ancora un’adeguata rilevanza alla questione del rapimento della ventinovenne sarda impegnata nella cooperazione internazionale in favore del popolo saharawi, tormentato da una trentennale e silente razzia perpetrata dal Marocco. Forse, nel caso la Urru si fosse trovata in uno di quei paesi nei quali ‘esportiamo la democrazia’, il caso sarebbe stato seguito molto più da vicino. Forse, se la Urru avesse fatto parte di una sfera sociale più rilevante, la sua immagine sarebbe stata diffusa in ogni dove. Quel che è certo è che Rossella è una cittadina italiana, coraggiosamente in prima linea per la pace, aiutando concretamente quei popoli in difficoltà, dei quali a malapena ne sappiamo l’esistenza.

Altro nome, stessa storia. Giovanni Lo Porto, trentaseienne palermitano, è stato rapito lo scorso 19 gennaio a Multan, in Pakistan. Il cooperante operava nel sud del Punjab, nell’ambito di un progetto che prevedeva la costruzione di alloggi per famiglie rimaste senza casa a causa di un violento alluvione. Anche di lui, non se ne sa nulla. Una vaga e poco chiara rivendicazione da parte di un presunto comandante militare talebano ha contribuito solamente ad ingarbugliare la faccenda. Giovanni è stato prelevato dalla sede dell’Ong  Welt Hunger Hife(Aiuto alla fame nel mondo) insieme ad un collega tedesco, nel distretto di Multan della provincia del nord ovest pachistano.

Sia di Giovanni sia di Rossella non ci sono notizie. Due italiani che si dedicano con cuore e cervello a chi è in difficoltà, dai quali si dovrebbe anzitutto imparare la capacità di ‘rimanere umani’, per dirla alla Vittorio Arrigoni, pur vivendo in una società emotivamente annichilita dal mercato. E’ avvilente che gli italiani riescano a fare comunità solo quando si tratta di condividere risultati tangibili oppure quando si vince una partita di calcio.

Eleonora Pochi
Fonte: Fuori Le Mura

17/02/12

I giovani e il miraggio di un ‘noioso’ posto fisso

In continua evoluzione, la vita lavorativa di un giovane sfuggirebbe così alla monotonia del contratto a tempo indeterminato, che, secondo il presidente del consiglio Monti, implicherebbe una vita noiosa

Contratti a tempo rinnovati per anni, lavoro intermittente, tirocini, stage e contratti a progetto. Niente di più eccitante! In continua evoluzione, la vita lavorativa di un giovane sfuggirebbe così alla noia del contratto a tempo indeterminato, che, secondo il presidente del consiglio Monti, implicherebbe una vita noiosa. Indubbiamente, vive un’altra Italia. Nell’Italia de noantri, questo sconosciuto del contratto a tempo indeterminato fa parte di una specie contrattuale che percorre mestamente la via dell’estinzione, annichilendo la sicurezza e la tranquillità garantite dal ‘posto fisso’, impedendo l’uscita dei ‘bamboccioni’ da casa (gli unici in Europa a non godere del reddito minimo garantito) e rendendo sempre più il ‘metter su famiglia’ un’epica impresa.

Con un tasso attuale di disoccupazione giovanile al 30,1%, il miraggio del ‘posto sicuro’ è dovuto senza dubbio di crisi economica, ma c’è anche dell’altro. C’è n’è per gli ‘sfigati’ laureati, che si ritrovano tra call-center di mattina e stage di pomeriggio, raccimolando di norma non più di 500 euro al mese. L’uso criminoso dello stage, sia nel settore pubblico che privato, bypassa la normativa che incardina i diritti dello stagista giustificandolo come ‘esperienza formativa’ per il candidato, precludendo da subito possibilità d’inserimento e di un, seppur esiguo, rimborso spese. Un circolo vizioso per i giovani, un circolo più che virtuoso per le aziende che godono di lavoro gratuito garantito dal ricambio degli stagisti. Qui, nel limbo dei stage, di contratto a tempo indeterminato, ma anche determinato, non se ne è mai avuta la più pallida idea.

Considerando il quinquennio 2005-2010 per le grandi imprese, quelle con oltre 500 dipendenti, l’Istat ha rilevato un crollo delle assunzioni del 12,9%. In generale, 7 contratti su 10 sono a termine e 7 su 10 terminano il rapporto lavorativo alla scadenza contrattuale. A quanto ammonti il numero di licenziamenti nel 2011 non è noto, benché siano state diffuse stime sui più disparati Paesi fuorché dell’Italia, ma se si è prestata attenzione alle vicende che hanno infuocato lo scorso anno, si percepisce, anche senza riscontri statistici, l’enorme ampiezza del fenomeno che sta ulteriormente investendo il Paese da Nord a Sud. Già dal saldo negativo tra assunti e fuoriusciti dal mercato del lavoro del biennio 2008-2010 si intuisce l’andamento verso la recessione, che si è fatta trovare inevitabilmente alle porte del 2012. E’ pur vero che dev’essere alquanto ‘noioso’ un posto fisso che garantisce uno stipendio tale possedere ed ottenere un micro-impero. Alla fine, quando si ha tutto, ci si stufa pure. Non si ha l’ebbrezza del non riuscire ad arrivare a fine mese. Il ‘posto fisso’ de noantri è ben altro. E’ la sicurezza di poter avere un tetto sopra la testa e di sfamare i propri figli.

Eleonora Pochi
Fonte: Fuori le Mura

07/02/12

Torna il Mein Kampf di Hitler, il manifesto nazista

Alla vigilia della Giornata della Memoria, in ricordo delle vittime dell'olocausto, sarà nelle edicole tedesche il fascicolo sul libro promotore dell'ideologia nazista

Dalla seconda guerra mondiale il Mein Kampf non era mai stato ripubblicato in Germania. La recente decisione dell’editore britannico Peter McGee, di proporre in ristampa dal 26 gennaio il manifesto hitleriano, in versione commentata e ridotta, ha suscitato non poche polemiche. C’è disapprovazione anzitutto perché il 27 gennaio è la ‘Giornata della Memoria’, in cui si commemorano le vittime dell’olocausto. Vari storici e studiosi hanno definito inopportuna l’iniziativa dell’editore britannico, che sarebbe mosso da interessi economici piuttosto che da motivazioni di sensibilizzazione e riflessione culturale, come invece quest’ultimo ha recentemente dichiarato. “Vogliamo chiarire che non c’è nulla di ‘altruistico’ nella pubblicazione di questo editore, ma solo scopi riconducibili a fini lucrativi”, ha dichiarato Elan Steinberg, vicepresidente dell’associazione American Gathering of Holocaust Survivors, che rappresenta i sopravvissuti all’olocausto e le loro famiglie.
I diritti d’autore del Mein Kampf appartengono allo Stato federale tedesco della Baviera, che dal secondo dopoguerra detiene l’esclusività editoriale dell’opera fino al 2015. Da parte sua, il governo bavarese ha minacciato di ricorrere a vie legali per impedire la pubblicazione, che secondo McGee sarebbe assolutamente lecita, giacché pubblicata in forma ridotta e commentata.

Nonostante l’iniziale opposizione governativa e intellettuale, l’inserto sul Mein Kampf sarà comunque in edicola nel giorno della vigilia della giornata che commemora le vittime dei campi di concentramento, in allegato alla rivista settimanale  Zaitungszeugen. Una serie di fascicoli da 16 pagine, che riporterà estratti del libro di Hitler, manifesto del partito nazista. Nel Mein Kampf il dittatore tedesco espose dettagliatamente l’ideologia antisemita, secondo la quale la razza ariana è pura e superiore, sottolineando come la Germania e il popolo tedesco sarebbero potuti diventare la più grande potenza mondiale conquistando, a partire dall’Europa dell’Est, nuovo spazio vitale. Il manifesto razzista per antonomasia evidenziava inoltre la figura del Führer, equiparato a Gesù, quale autorità suprema, indiscutibilmente superiore e da onorare sempre e comunque.  Il solo pensiero che la lettura del manifesto hitleriano, che dovrebbe essere un argomento di studio più che da rivista, intriso di principi razzisti, possa interessare o indurre ad una riflessione, è palesemente controproducente e regressivo, se non una vergogna verso le vittime dell’olocausto, commemorate il giorno successivo all’uscita del primo numero sul Mein Kampf.

“Ogni tempo ha il suo fascismo: se ne notano i segni premonitori dovunque la concentrazione di potere nega al cittadino la possibilità di esprimere ed attuare la sua volontà. A questo si arriva in molti modi, non necessariamente con l’intimidazione poliziesca, ma anche negando o distorcendo l’informazione, inquinando la giustizia, paralizzando la scuola, diffondendo in molti modi sottili la nostalgia per un mondo in cui regnava sovrano l’ordine, ed in cui la sicurezza dei pochi privilegiati riposava sul lavoro forzato e sul silenzio forzato dei molti”.
Primo Levi

Eleonora Pochi
Fonte: Fuori le Mura