29/12/11

Periferia d’Europa: crisi provoca allarme suicidi e depressione

Con lo spread sale il numero di persone che si tolgono la vita e gli affetti da distimia. Inoltre, comincia ad essere evidente la tendenza all'eliminazione delle spese mediche dal sempre più ristretto budget di spesa familiare

Il lato più oscuro della crisi si evince dai dati recentemente diffusi dall’European Public Health Association e dalla terza sezione del Consiglio Superiore della Sanità. A pagare il conto più salato sono i paesi PIIGS (Portogallo, Irlanda, Italia, Grecia e Spagna), denominati dal resto d’Europa ”paesi maiali”  a causa del pessimo stato delle loro economie, rappresentano la periferia d’Europa.
La Grecia è la prima della lista nera con un aumento dei suicidi nell’ultimo anno del 40%. L’organizzazione Klimaka, che si occupa della gestione di servizi d’assistenza per la prevenzione dei suicidi, ha dichiarato: “Un tempo ricevevamo circa 10 telefonate al giorno, ora vi sono giornate in cui ne arrivano 100. A chiamare sono uomini finanziariamente rovinati, tra i 35 e i 60 anni, che hanno perso la loro identità di marito che porta il pane a casa e non si sentono più uomini secondo i nostri standard culturali”(Adnkronos).
I suicidi causati dalla crisi economica sono in aumento anche nel resto dei PIIGS. Inoltre secondo l’istituto di ricerca europeo, in Spagna la depressione è aumentata del 20% ed anche in Italia, benché manchino stime attuali, arrivano i primi segnali di un “forte incremento della depressione” e di una distimia crescente anche tra le fasce più giovani. Ciò che accomuna i paesi periferici del vecchio continente, è anche una diminuzione alle abitudini salutari, quali prevenzione, che spesso si rivela fatale, e cure mediche. Di contro, si registra un aumento dei ricoveri ospedalieri, quindi una maggiore spesa sanitaria insostenibile per le strutture ospedaliere, già colpite dai tagli alle risorse finanziarie ad esse destinate, imposti dei governi centrali. L’effetto ricade sulle fasce più deboli della popolazione che, non avendo la possibilità economica, man mano rinunciano a curarsi. Tornando alla depressione, d’altronde non è una novità che essa sia sinonimo della recessione economica. Analizzando i dati diffusi nel 2009 dall’Eures sui suicidi in Italia, emerge che ogni giorno, un disoccupato si è tolto la vita, su un totale di 2.986 suicidi. Nel nostro Paese, disturbi psicologici quali ansie, stati depressivi ed attacchi di panico, sono più diffusi nelle donne e nei giovani.

Eleonora Pochi
Fonte: Fuori le Mura


14/12/11

Allarme India, muore oltre un milione di bambini all’anno

Save the Children chiede al governo finanziamenti urgenti nel settore sanitario per contrastare lo tsunami di morte che si sta abbattendo sui minori indiani

Prima di leggere, guarda l’orologio del tuo computer e tieni a mente l’ora.
C’è un’India della crescita economica, della globalizzazione, dell’apertura al mercato internazionale, di un governo che a fronte di un’evidente iperinflazione apre le porte alle multinazionali, condannando la piccola e media impresa. Questa è l’India intesa come seconda potenza economica del continente asiatico.
L’altra India, con oltre un miliardo di popolazione, detiene uno dei più alti livelli al mondo di diseguaglianza sociale, sia sotto l’aspetto distributivo sia relazionale ed il più alto tasso del pianeta di mortalità infantile. Lo storico regno delle caste, conta quasi cinquecento milioni di poveri, che difficilmente riescono ad accedere a servizi di base quali l’assistenza sanitaria, un adeguato sostentamento alimentare, l’educazione. E’ allarme rosso per la strage infantile che si sta attualmente consumando nel subcontinente asiatico: almeno 1,73 milioni di bambini sotto i cinque anni muore ogni anno a causa di malattie curabili, quali la polmonite o la dissenteria, dovute da uno scarso accesso all’acqua e a servizi igenico-sanitari di base.La campagna mondiale “No child born to die”(Nessun bambino nasca per morire), indetta da Save the Children, reclama, in riguardo alla grave situazione del Paese, al governo indiano un incremento degli stanziamenti nel settore sanitario neonatale e infantile dall’1,1% al 5% e l’adozione di misure d’assistenza e previdenza verso l’infanzia.
Inoltre, sette milioni di minori, circa quattro volte l’intera popolazione della Capitale, sono gravemente malnutriti: “l’India è la patria di un terzo dei bambini malnutriti del mondo” fa notare l’organizzazione umanitaria. Ma c’è ancora dell’altro. Nel Paese che più di ogni altro fa gola a capitali esteri e multinazionali, la piaga del lavoro minorile sfiora i 12,6 milioni di bambini impiegati in attività continuative. E’ possibile firmare on-line la petizione presentata all’amministrazione indiana da Save the Children per richiedere al governo finanziamenti urgenti nel settore sanitario e contrastare lo tsunami di morte che si sta abbattendo sui minori indiani. Il destino di una Nazione dipende dai passi che si permette ai bambini di compiere verso il futuro,  ma, riprendendo Joyce Lussu, “i piedini dei bambini morti non consumano le suole”.  Sono passati circa quattro minuti da quando hai guardato l’orologio, in questo lasso di tempo dodici piccoli indiani sono morti.

Eleonora Pochi

05/12/11

L’Italia nel baratro, ma le spese militari aumentano

Un Paese martoriato da decenni di speculazioni e malgoverno, messo in ginocchio dalla crisi. Tagli ovunque: Istruzione, Casa, Sanità, Lavoro, Assistenza, Previdenza; ma la guerra non si tocca, anzi s’incentiva
  
L’Italia detiene il quarto debito pubblico mondiale che, in crescita inarrestabile da decenni, ammonta a circa 2mila miliardi di euro. Nessuna manovra finanziaria  riuscirà ad estinguerlo, almeno nel futuro di una decina di generazioni. Un debito che peserà sulle spalle dei figli dei nostri nipoti ed oltre. Un tasso di crescita pari a zero, un deficit crescente, la progressiva sfiducia finanziaria verso il nostro mercato, l’esodo dei giovani italiani. Un Paese martoriato da decenni di speculazioni e malgoverno, messo in ginocchio dalla crisi. Tagli ovunque: Istruzione, Casa, Sanità, Lavoro, Assistenza, Previdenza; ma la guerra non si tocca, anzi s’incentiva: il nostro Paese è l’ottavo al mondo per spese militari.

Nel 2011 la spesa militare italiana ammonta a 20,5 miliardi di euro, un incremento dell’8,4% rispetto al 2010. Inoltre continuano ad arrivare dagli USA velivoli “Predator”, sofisticatissimi aerei senza pilota che permettono operazioni militari d’intelligence, di sorveglianza e di contrasto all’immigrazione clandestina; armamenti che l’Italia si è impegnata ad acquistare siglando contratti, ancora in essere, risalenti al 2004.

Proprio la scorsa settimana, la commissione Difesa della Camera ha votato cinque programmi di acquisto per ulteriori armature militari per un valore di oltre 500 milioni di euro. Dunque, invece di elaborare misure volte a tassare anche l’aria, sarebbe interessante capire quale sia la dinamica che blinda la voce ‘spesa militare’ nel bilancio statale, mentre la spesa pubblica è sempre più iniqua.

Anche nell’export di armi l’Italia spicca, addirittura come secondo esportatore mondiale, dopo gli USA e secondo dati Onu sul commercio internazionale, nel 2009 l’Italia è stata, per il quinto anno consecutivo, il primo esportatore mondiale di armi leggere(ossia di tipo non militare), anche Paesi canaglia tra i destinatari. Le principali imprese italiane esportatrici sono quelle del gruppo Finmeccanica, il quale azionista di riferimento è il Ministero dell’economia ed è fra le prime dieci società mondiali per fatturato militare. La recente questione giudiziaria dell’holding, che sta facendo emergere sporche dinamiche finanziarie, mazzette e tangenti in cambio di appalti, ha contribuito insieme ad altri fattori al crollo attuale del valore azionario del gruppo, eden clientelare di poltici, mogli, ex- militari etc.

Commerciano e producono armi che nella maggioranza dei casi servono a reprimere il dissenso da parte di regimi autoritari, molto spesso sostenuti, più o meno direttamente, dalle “democrazie” occidentali, colpevoli di sistematiche violazioni dei diritti umani. Le armi leggere provocano ben 500mila morti all’anno, permettono l’uso di bambini-soldato tra le file dei combattimenti.

Eleonora Pochi