30/09/10

Bambini senza voce

Lo sfruttamento minorile impiega bambini per lavoro nero, prostituzione, spaccio di droga, mafie, servaggio, adozioni illegali, traffico di organi, guerra, abusi sessuali. Anche l’Italia non ne è indenne


Chi è un bambino e che ruolo ha nella società?
Il mondo intero dovrebbe chiederselo, perché è evidente che non sa più investire sulla sua maggiore risorsa, i bambini, o forse fa finta di nulla mentre l’infanzia viene pian piano annientata. Lo scandalo della violazione dei diritti fondamentali dei bambini rappresenta  un vergognoso comune denominatore di tutte le società, povere e ricche, dai piccoli orfani haitiani, ai bambini colpiti da mille forme di violenza e abusi nei paesi industrializzati.
I soldatini di piombo
Più di due milioni di bambini ogni anno sono vittime di traffico a scopo di sfruttamento. Di questi, circa 250mila sono utilizzati nei conflitti armati. Tutti i bambini soldato porteranno nella loro vita ferite psicologiche difficili da rimarginare. Nel 1997 Susan, una ragazzina ugandese, dichiarò all’Human Right Watch: “Un ragazzo cercò di scappare dai ribelli, ma lo presero. Le sue mani erano legate e loro ci chiesero di ucciderlo. Mi sentii male. Lo conoscevo da prima. Venivamo dallo stesso villaggio. Rifiutai di ucciderlo e mi dissero che mi avrebbero sparato. Mi puntarono contro un fucile, così dovetti farlo. Il ragazzo mi chiese: ‘Perché lo fai?’, risposi che non avevo scelta. Dopo che lo uccidemmo, ci fecero bagnare le braccia nel suo sangue. Dissero che dovevamo farlo, così non avremmo più tentato di scappare. Ancora sogno quel ragazzo del mio villaggio che ho ucciso. Lo vedo nei miei sogni e lui mi parla e dice che l’ho ucciso per niente. E io piango”. A parlare è Susan, 16 anni, rapita dall’LRA (Lord’s Resistance Army, organizzazione guerrigliera ugandese). L’essere stati testimoni, o l’aver essi stessi commesso atrocità, avrà serie conseguenze non solo nella loro vita, ma nell’intero tessuto sociale in cui sono inseriti. Lo sfruttamento minorile impiega bambini per lavoro nero, prostituzione, spaccio di droga, mafie, servaggio, adozioni illegali, traffico di organi, guerra, abusi sessuali, ecc. Ogni giorno in Sudafrica sono 30mila i bambini in vendita, acquistabili dai gestori di bordello per neanche 100 euro. Le loro prestazioni hanno un valore medio di 3 euro.
Convenzione si, Convenzione no?
Lo scorso anno la Convenzione internazionale sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza ha compiuto vent’anni. È il trattato più ratificato al mondo: sono 193 gli Stati firmatari (Stati Uniti e Somalia esclusi). “Dal 1990 ad oggi si sono registrati progressi notevoli negli ambiti della sopravvivenza dell’infanzia: il tasso di mortalità sotto i cinque anni è diminuito da 90 a 65 decessi su 1.000 nati vivi – dichiara l’Unicef - tuttavia i risultati non ci devono illudere. Si sarebbero fatti maggiori progressi se ai bambini, le bambine e gli adolescenti fosse stata data priorità nelle politiche e nei bilanci, oltre che nelle dichiarazioni d’intenti”. Se i governi non s’impegnano attivamente con politiche adeguate, la convenzione rimarrà un insieme di solenni principi. Basti pensare che in Iran, nonostante il paese abbia ratificato la Convenzione sui diritti dell’infanzia, s’impiccano bambini per reati quasi inesistenti: presunta omosessualità, per esempio. Dal gennaio 1990 al dicembre 2007, secondo Amnesty International, il paese che ha giustiziato a morte più minori è l’Iran con 28 condanne, sorprendentemente seguito dai “democratici e civili” Stati Uniti d’America, con 19 sentenze a morte di minori. Il nostro Bel Paese non condanna a morte, ma fa la sua parte. L’Italia è al primo posto in Europa per domanda all’estero di sesso con minori. Sono circa 80mila i maschi italiani che ogni anno si recano in paesi stranieri — prima meta il Brasile — con questa finalità.
La situazione italiana
Chi credeva che l’Italia fosse un paese a misura di bambino si sbagliava. Ci sono dati statistici che dimostrano l’insuccesso della panacea. I casi d’abuso e maltrattamento di minori sono in costante aumento. La maggior parte degli abusi avviene nelle mura domestiche: 2.500 sono i casi d’abuso denunciati alla procura dagli ospedali, ed il 56% delle fratture riportate da piccoli con meno di un anno d’età non è accidentale. Per quanto riguarda la prevenzione del maltrattamento, l’Italia non ha ancora recepito la raccomandazione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) e dello studio delle Nazioni Unite sulla violenza sui bambini, che prevede l’adozione di un piano nazionale di azione per prevenirla. Chi di voi non ricorda le immagini agghiaccianti delle maestre dell’asilo “Cip Ciop”? I piccoli erano picchiati, costretti a stare immobili, in silenzio, e addirittura a mangiare il cibo vomitato. Non è da meno il caso più recente dell’asilo di Ferrara: un bimbo di sei anni lasciato nudo in mezzo alla classe, colpito dai compagni come punizione alla sua marcata vivacità. E l’asilo di Rignano Flaminio? Quanti casi d’abusi soffocati silenziosamente dalla paura di raccontare? Troppi.
I diritti dei bambini
Per capire tutto questo è fondamentale analizzare il ruolo che un bambino riveste in una società moderna. Cominciamo col dire che i bambini non fanno parte dell’elettorato, e di conseguenza ai governi poco importa di soddisfare i loro interessi perché il non soddisfacimento degli interessi dell’infanzia non comporta loro una perdita di voti. Supponiamo che un governo si trovi a decidere se finanziare un programma d’assistenza per il recupero di minori abusati o abbellire le città con fiorellini colorati. Cosa sceglie? Opta, nella maggior parte dei casi, per le belle piantine e credo sia superfluo spiegare il perché. I minori in condizione di povertà relativa sono in Italia 1.728.000, dei quali il 61,2% ha meno di undici anni, e per il 72% si concentrano nel Mezzogiorno. Nel nostro paese mancano fondamentali misure di attuazione della Convenzione sui diritti dell’infanzia (CRC), come ad esempio il Piano Nazionale dell’infanzia. Sia la CRC che la legge 451/1997 prevedono la programmazione di linee strategiche fondamentali che il governo dovrebbe perseguire al fine di sviluppare una politica per l’infanzia e l’adolescenza in linea con i principi internazionali. Molti di voi non sapevano dell’esistenza del suddetto documento? Don’t be scared, non ne sa granchè neanche la nostra classe dirigente. Dal 2004, nonostante le raccomandazioni dal comitato Onu, l’Italia è priva del Piano Nazionale dell’Infanzia. Il Cipsi ha sottoscritto il documento “Batti il Cinque!” e aderito alla campagna per sollecitare il governo affinché si arrivi in breve tempo all’approvazione del nuovo Piano nazionale Infanzia e Adolescenza, affinché i diritti e la voce dei bambini assumano quel ruolo di rilievo che dovrebbero avere. “Sono a rischio di discriminazione particolari gruppi di minori, come i minori migranti e i minori residenti in regioni meno ricche. Non adeguatamente tutelato è il diritto alla partecipazione dei bambini e l’ascolto in particolare nell’ambito dei procedimenti giudiziari dove i minori sono spesso coinvolti”, spiega il rapporto di monitoraggio sulla condizione dell’infanzia del gruppo CRC, un network di 86 Ong.
E i minori stranieri?
La discriminazione dei minori stranieri in Italia è una delle conseguenze della guerra agli extracomunitari adulti scaturita da un latente sentimento razzista annidato tanto nella società civile, quanto tra i politicanti. La tendenza all’individualismo sarà accentuata dalla crisi, come dice qualcuno, ma è alimentata pure da un’informazione insufficiente e distorta, e da una politica della paura. Alla domanda “Perché tutto questo?” Mauro Borghenzio, Lega Nord, risponde: “I padri devono capire che se vengono a procreare qui da noi, gli effetti ricadono sui figli”. Bisognerebbe ricordarsi che fino a cinquant’anni fa eravamo noi gli immigrati che, in cerca di speranze, lasciavano la loro terra e sbarcavano in quella degli “altri”. La storia ci insegna che odio e non tolleranza portano allo sfacelo. Gli italiani dovrebbero ricordare bene lo sfacelo. A qualcuno però sfugge. A Cernusco sul Naviglio, in provincia di Milano, una bambina nigeriana di tredici mesi è stata lasciata morire in ospedale perché non aveva la tessera sanitaria. Ho sempre pensato che tutti i medici avessero la missione di salvare vite umane, invece c’è chi salva solo gli italiani. E così, Rachel muore dopo un’agonia di 28 ore. I genitori la portano al pronto soccorso perché accusa dolori fortissimi allo stomaco ed è in preda a violenti attacchi di vomito, ma una volta arrivati non vogliono né visitarla né tanto meno ricoverarla. “Non ha la tessera sanitaria” dicono. Il padre si agita ed arrivano i carabinieri che convincono i medici a ricoverare la bimba. Nessuno la visita fino al pomeriggio del giorno seguente. Rachel non si sveglierà mai dal sonno notturno. È vergognoso che accadano queste cose. Quale mondo si lascia all’infanzia?
Togli un posto a tavola che c’è un nemico in più
Il mese scorso in una scuola di Montecchio Maggiore (Vicenza) per 9 bimbi, 7 italiani e 2 stranieri, la mensa passa solo pane e acqua perché i genitori non hanno versato la retta. Un bimbo con primo, secondo e contorno seduto vicino all’altro col panino e una bottiglietta d’acqua. Tra i bambini dovrebbe sussistere un ambiente il più possibile paritario per non generare discriminazioni, ma non tutti la pensano così. Milena Cecchetto, sindaco leghista di Montecchio Maggiore, ha commentato: “Le regole sono regole per tutti e vanno rispettate. Il mondo non può essere dei furbi”. I bambini non sono furbi, ma innocenti, e in quanto tali andrebbero lasciati fuori dalla politica. Ma anche su questo, ahimè, non tutti la pensano così. Molte sono state le reazioni alla vicenda: dalla Caritas ai partiti politici, alle associazioni che chiamano alla mobilitazione “per una vicenda che viola la Costituzione e la Convenzione Onu sui diritti dell’infanzia”, c’è chi chiede lo scioglimento dell’amministrazione comunale, oppure una settimana a pane e acqua per il sindaco come punizione simbolica.
La vicenda di Adro
Stessa storia, anzi peggio, ad Adro, un paesino di oltre seimila abitanti in provincia di Brescia. Qui il sindaco aveva deciso di escludere dal servizio mensa di una scuola elementare 24 bambini (la maggior parte stranieri), le cui famiglie non avevano pagato la retta. Come la manna dal cielo è arrivato al municipio di Adro, accompagnato da una lettera, un assegno di 10mila euro spedito da un generoso imprenditore bresciano per saldare il debito contratto dalle famiglie in questione. Il paradosso è che contro la buona azione del nobil-cittadino è insorto un paese intero: “O pagano tutti la mensa, oppure tutti non la pagheranno!”. Pubblichiamo a seguire alcuni stralci della lettera scritta da Silvano Lancini (il caso ha voluto che l’imprenditore e il sindaco di Adro siano omonimi). “Nemmeno le bestie – replica Ousmane Condè, originario della Guinea, cittadino italiano da pochi mesi - si comportano così e affamano i loro cuccioli”. I cittadini di Adro hanno reso un’immagine dell’Italia che neanche il bicarbonato mi ha fatto digerire. Fomentati dal rispettivo sindaco, fieri della loro intolleranza, sembrava non importasse loro che si parlasse di dar da mangiare a dei bambini un tozzo di pane; erano accecati da un inspiegabile sentimento ripulsivo. Penso ai 9 bambini dalla mensa di Montecchio e ai compagni seduti vicino che, senza se e senza ma, offrivano loro forchettate di pasta. È proprio questo che noi grandi dobbiamo imparare dai bambini.


Eleonora Pochi


“Tutti i grandi sono stati piccoli, ma pochi di essi se ne ricordano”
 (Il piccolo principe di Antonine-Marie-Roger de Saint-Exupèry)


Nessun commento:

Posta un commento