07/03/11

C'era una volta uno straniero


Secondo appuntamento per “24h ore senza di noi”, questo è il nome dell'iniziativa che lo scorso anno ha permesso anche di far riflettere su scandali quali Rosarno, l'asilo di Adro, Montecchio Maggiore che stendono un velo di vergogna sul nostro paese

Nel mentre d'un sentito e preoccupato dibattito sullo tsunami migratorio che il Governo prevede già da giorni dall'altra sponda del mediterraneo, trascurando il massacro in atto nei confini libici, il primo marzo gli immigrati si fermano per 24 ore.
Sembrerebbe che sia concesso loro addirittura il diritto di scioperare, strano ma vero.
Perché scioperano? Sono stanchi ed hanno ragione. Sono stanchi d'essere trattati come “stranieri” benché nati in Italia, stanchi di essere stipati dentro Centri di Identificazione ed Espulsione come fossero un'epidemia da tenere in incubazione, stanchi di accaparrarsi i lavori che gli italiani proprio non hanno voglia di fare, stanchi di essere schiavi d'un permesso di soggiorno, non essere tutelati dallo Stato ed essere classificati l'emblema di delinquenza.

Occorre precisare che, in Italia, la crisi economica e sociale sta rendendo sempre più ostile l'atteggiamento verso i quasi 5milioni di migranti che lavorano nelle nostre fabbriche, cantieri, imprese, case, ospedali. Molti di loro vengono licenziati (lavorando in nero sono le prime vittime dei cosiddetti “tagli di personale”) e la pretesa della Bossi-Fini di legare il permesso di soggiorno al contratto di lavoro, rende loro la vita impossibile. La lista d'attesa per sistemare la loro posizione è infinita ed il provvedimento in vigore dall'estate scorsa, per la regolarizzazione di Colf e Badanti sembrerebbe confermare l'intolleranza verso la presenza di persone capaci di lavorare come noi, magari anche meglio, che pensano, riflettono e rivendicano diritti: come si volesse canalizzare il flusso d'immigrati in quei pochi settori che evidenziano la differenza. C'è da chiedersi come mai, nel nuovo decreto flussi approvato nel dicembre 2010, il quale autorizza 100mila ingressi nell'anno in corso, sono solo 500 i permessi riservati ai liberi professionisti rispetto ai 30mila per Colf, badanti e babysitter.
Inoltre, chi è in Italia e non rientra nella stretta cerchia della regolarizzazione per le difficoltà poc'anzi citate e per molte altre, commette reato. E' clandestino e se viene scoperto, viene arrestato ed espulso. Questo è quanto introdotto dal così patriottico pacchetto sicurezza...lavoro del quale Mussolini sarebbe andato molto fiero.
Sono tante le considerazioni su di loro, ma pochi provano a chiedersi cosa loro pensano di noi...

Chi è uno straniero?
Sono in spiaggia, sdraiata al sole cercando di scaricare lo stress settimanale. La voce di XXX(preferisce rimanere nell'anonimato) interrompe un rilassante dormi veglia, l'ennesimo della giornata che spera di rifilarmi uno dei suoi bracciali. Garbato e timidissimo si siede sulla spiaggia per propormi tutta la mercanzia. “Di dove sei”? domando “Del Congo”. “Perché sei qui”? “Cerco un lavoro per inviare soldi ai miei fratelli. Sono stato il più coraggioso e sono venuto in Italia, da solo.” “Ti mancano?” “Si.”. Scopro che XXX ha diciassette anni, ma dimostra un'enorme divario di maturità e saggezza rispetto a molti dei miei connazionali adolescenti. E' adulto, i suoi occhi mi dicono che, nonostante l'età, ha già capito molto dalla vita.
Mi chiede di aiutarlo, ma non so come. Non sono ricca e come lui sogno un buon lavoro.
Gli dico che 'da grande vorrei fare la giornalista' ma il mio paese  non fa altro che soffocare le ambizioni dei giovani e che probabilmente un giorno partirò per l'Africa. Lui sgrana gli occhi e ride, mi guarda strano. “Andare in Africa! Io non vedevo l'ora di scappare”. Strana la vita.
Mi racconta che vive in un appartamento con altri venti ragazzi africani. Dormono per terra, senza acqua ne elettricità, pagando una cifra esorbitante. Chi passa a ritirare il canone ogni mese è un loro connazionale, che a sua volta risulta l'affittuario d'una coppia di italiani.
Mi scrive su un foglio di carta il suo numero di telefono “Sei gentile, non pensavo ci fosse gente come te in questo paese. Grazie. Aiutami se puoi, non ce la faccio più”, riprende la sua bigiotteria, incamminandosi verso il mare di “No, grazie” che gli si pone innanzi.
Aderire all'iniziativa ha un significato speciale, oltre che voler denunciare i punti sopra esposti.
L'Italia fa fatica ad intraprendere il cammino dell'interculturalità, a considerare l' “immigrato” come  considererebbe un italiano e spetta alle nuove generazioni in primis, cambiare le carte in tavola.
In piazza, martedì primo marzo, italiani e immigrati insieme, anche per questo.

Eleonora Pochi
Fonte : Parolibero

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