21/03/11

Avviato Intervento ONU in Libia, Gaza “No – Oil Zone”

Gli abitanti della striscia di Gaza, rinchiusi nelle quattro mura che ne fanno un carcere a cielo aperto, non godono e non godranno mai del lusso di una “No-fly zone” benchè siano sotto scacco dell'integralismo, della violenza di Hamas e dei missili che arrivano puntualmente da Israele. Per gli occidentali non ha voce in capitolo l'urlo della gente palestinese, d'altronde “No Oil, No Party”.


Il 15 marzo è stata indetta dai giovani palestinesi la Giornata per la fine delle divisioni interne e per l'unità. La più alta affluenza di manifestanti per le strade è stata registrata nella striscia di Gaza, quel piccolo territorio dimenticato da Dio, ma anche a Ramallah, Nablus ed Hebron ci sono stati sit-in per la libertà in Palestina e la fine della rivalità tra le due fazioni Hamas e al-Fatah. Decine di migliaia in strada, benché se ne sia parlato poco o niente, ma d'altronde non c'è l'oro nero ad attirare l'interesse e le premure internazionali.
"Scendere in piazza per la nostra vita è il minimo che possiamo fare, visto che viviamo da 60 anni sotto l'occupazione" racconta a Il Mediterraneo Mohammad, un manifestante di Ramallah. Nonostante l'invito a non sfilare in corteo avanzato da Hamas,gli abitanti della Striscia hanno manifestato, pagando le conseguenze di una brutale repressione per mano dei corpi speciali della sicurezza del leader palestinese. Decine i feriti, tende date alle fiamme, manifestanti aggrediti con bastoni e manganelli. Solo nella strada principale di Gaza, Talateen street, sono circa 300 i feriti ed i giornalisti vengono aggrediti per poter sequestrare loro quanto registrato. Una giovane cronista di Gaza, Samah Ahmed, viene uccisa con una coltellata alla schiena. Questa è la fotografia di quella che doveva essere una manifestazione pacifica. Secondo alcune fonti, sarebbe stata arrestata dalla polizia di Hamas anche Asmaa al Ghoul, giovane blogger e giornalista, nota per i dettagliati resoconti sulla situazione di Gaza e per la ferma contrapposizione all'integralismo di Hamas.

L'altro lato della medaglia è la violenza perpetuata da Israele, che in tutta calma, continua indisturbato il suo processo di pulizia etnica. Quando nel 2009, con l'operazione Piombo Fuso, le forza israeliane hano sterminato centinaia di bambini palestinesi e bombardato all'infinito la striscia Gaza con missili al fosforo bianco, l'occidente con le sue spettacolari operazioni “No-fly zone” dov'era? Gaza sta ancora aspettando una “No-fly zone”. C'era poi bisogno di un'ulteriore petrol-guerra in Libia? Sicuramente era necessaria un'operazione che avesse evitato la morte di 20mila persone, massacrate brutalmente dai mercenari di Gheddafi. “Se l'Onu non interviene, sarà genocidio” è stato dichiarato più volte nella settimana appena trascorsa. La cruda realtà è che i civili indifesi sono la preoccupazione più remota della coalizione, che quelli che sono inviati in Libia, sono militari non crocerossine, espatriati in nome della guerra dell'oro nero. La storia ci insegna che l'Onu è stata a guardare lo sterminio di 800mila esseri umani, il terribile genocidio Rwandese, in ragione del fatto che un conflitto interno rientrebbe negli “affari che appartengono essenzialmente alla competenza nazionale” secondo quanto stabilito dalla legislazione internazionale. Evidentemente in Libia, gli “affari” in questione avallano la competenza nazionale.

Eleonora Pochi
Fonte : Parolibero

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