16/09/11

Assad massacra il popolo siriano

Torture, fosse comuni, minori fucilati, repressione sempre più feroce. Damasco mobilita navi da guerra, elicotteri, carri armati e schiera l’esercito con l’obiettivo di reprimere le manifestazioni di massa che reclamano riforme 


Dal mese di marzo, secondo l’Organizzazione nazionale per i diritti umani in Siria, sarebbero state uccise dalle forze di sicurezza circa 3.100 persone. Neanche chi ha una discreta notorietà pubblica puo’ star tranquillo. Si pensi ad Ibrahim Kashoush, giovane musicista, sgozzato per aver cantato una canzone contro Assad oppure ad Ali Ferzat, noto vignettista satirico, al quale sono state rotte le mani durante un’ aggressione; “E’ un avvertimento” hanno detto lui. Un recente rapporto di Amnesty International denuncia 88 morti, tra cui dieci bambini, nelle carceri siriane. Arrestati e torturati fino alla morte per aver preso parte alle manifestazioni. Ziad Tariq Abd al-Qadr era un giovane siriano, arrestato nel governatorato di Homs il 29 aprile e spedito morto alla famiglia il 16 giugno. C’è un video del cadavere con evidenti segni di torture, nel quale “un individuo analizza le lesioni visibili sul corpo, in modo calmo e metodico mentre le sue mani, in guanti chirurgici, indicano la posizione dei vari segni di tortura, punto per punto – s’apprende tra le scure pagine del rapporto -. Indicano la testa, dalla quale sono stati strappati i capelli, il collo e il pene segnati da scariche elettriche, cicatrici di sigarette spente sulle spalle, segni di frustate, coltellate sul busto, ustioni su braccia, mani e piedi”. Come Tariq sono stati uccise migliaia di persone, di “dissidenti” ardenti di democrazia, di un futuro migliore, di “topi di fogna” che tanto fastidiano i dittatori, sfidando la repressione a mani nude. 
Secondo Adnan Bakkour, procuratore generale della Siria che secondo fonti internazionali pare si sia dimesso dopo esser stato testimone dell’uccisione di 72 prigionieri ad Hama, sarebbero oltre diecimila i “topi di fogna” arrestati. “Mi dimetto a causa del regime di Assad e delle sue bande” ha dichiarato Bakkour.

Intanto la macelleria umana siriana ha suscitato lo sdegno internazionale. Mentre gli Usa hanno deliberato l’applicazione di diverse sanzioni, anche l’Ue dichiara un embargo imminente verso Damasco, sul quale grava un colossale giro d’affari: ben il 95% del petrolio siriano esportato è destinato all’Europa. Affari che l’Italia tiene bene a mente, giacché sta ostacolando, in sede comunitaria, l’applicazione immediata delle sanzioni, dichiarando che sarebbe più adeguato posticipare il blocco a fine novembre, scadenza contrattuale delle forniture. Sempre più sfacciatamente, gli affari prima di tutto.


Non solo l’Occidente. L’Iran, storico alleato della Siria, storce la bocca davanti il sanguinario obbrobrio: “Il Medio Oriente potrebbe essere immerso nel caos se il presidente Assad continua ad ignorare le richieste di riforma – ha dichiarato Akbar Salesi, ministro degli esteri iraniano -. Sia nello Yemen, in Siria o in qualsiasi altro paese, la gente ha richieste legittime ed i governi dovrebbero rispondere nel più breve tempo possibile”. Un Paese, l’Iran, mosso dall’appetitosa fetta d’export petrolifero verso l’Europa, che con l’embargo taglierebbe gli accordi con la Siria?


Anche la Turchia ha preso le distanze dalle scelte politiche di Assad: “Tutto il mondo dovrebbe sapere che siamo al fianco del popolo siriano – ha dichiarato il presidente della repubblica turca -. Oggi nel mondo non c’è più spazio per amministrazioni autoritarie, partiti unici, regimi chiusi”. Perfino la Lega Araba condanna la Siria, raccomandandosi di “mettere fine allo spargimento di sangue”, si legge dalla nota che Damasco ha respinto nervosamente. 
Di tutte le parti in gioco, il popolo siriano appare l’unico vero amico di sé stesso, inerme contro una dispotica follia. 


Eleonora Pochi
Fonte: Parolibero 

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