01/01/13

Il Natale moderno: un socio-panettone tra Babbo Natale, Jesus Superstar e pacchetti regalo

San Nicola e Babbo Natale
Il Natale per i cristiani rappresenta la data più rilevante del calendario liturgico. E’ un termine che deriva dal latino “natalis”, relativo alla nascita, ed appunto si celebra la nascita di Gesù. Sempre più diffusa, la festività natalizia è arrivata pian piano ad assumere connotati, tra i cristiani, che poco o niente hanno a che vedere con quel bambino nato in una grotta fatiscente della Giudea. Betlemme, tanto per tenerlo a mente, ora fa parte della Palestina, un territorio che sta subendo una sfrenata colonizzazione attraverso l’apartheid. E se Gesù fosse nato nel XX secolo? Considerando il fare dell’essere umano, forse sarebbe successo quello che accadde nel 33 d.C., forse con una modalità di esecuzione diversa, forse con un mandante diverso da un politico romano alle dipendenze di un Re. Senza dimenticare che c’è persino chi rivendica i tratti somatici orientali del Cristo in netta contrapposizione con chi è fermamente convinto che fosse biondo con gli occhi azzurri, alla Brad Pitt insomma. Possono sembrare contrapposizioni banali, in realtà sono chiari sensori di atteggiamenti razzisti.

Chiusa la parentesi religiosa, occorre analizzare l’aspetto folkloristico, e puramente laico, del Natale. Non si può parlare di Natale, senza nominare il buon vecchio Santa Claus, capofila indiscusso della slitta dorata che traina da decenni i guadagni delle fabbriche del giocattolo. E pensare che l’intento di San Nicola, da cui prende forma il personaggio di Babbo Natale, era mosso da umiltà e bontà, al fine di legare tra loro gli esseri umani, quindi non prevedendo un legame indissolubile tra essere umano e pacchetto regalo. La leggenda narra di un uomo vecchio e barbuto, di un paesino dell’attuale Turchia, particolarmente impegnato nella protezione dei bambini. I pubblicitari americani della Coca Cola hanno fatto il resto, assumendo dagli anni ’30 un Babbo Natale goffo, simpatico e con la slitta piena di doni, che ancora oggi non ha la più pallida intenzione di andare in pensione. Per licenziarlo, ci vorrebbe, come per tutti del resto, un “giustificato motivo”, che nessuno ha voglia di trovare in fondo. Ci sarebbero quelle decine di centinaia di piccoli aiutanti sfruttati dalle multinazionali dei balocchi, come Disney e Mattel, che secondo varie inchieste sfrutterebbero il lavoro minorile per sopperire all’enorme domanda mondiale di prodotti da distribuire tassativamente entro il Natale. Chissà cosa direbbero i nostri bambini se spiegassimo loro che il giocattolo portato da Babbo Natale è stato prodotto dall’estenuante lavoro delle manine di un loro coetaneo, che magari, come a volte succede, si è beccato un tumore a causa dell’uso di sostanze chimiche e velenose nel confezionamento del prodotto, oppure da una donna dell’età della loro mamma, sfruttata allo stremo per 20 ore al giorno per una paga irrisoria. Probabilmente, firmerebbero un licenziamento in tronco del Signore in rosso, invece della letterina. Si sa che i piccoli sono più sensibili e solidali degli adulti.

Ad ogni modo, il fenomeno natalizio va guardato anche da una prospettiva più ampia. La corsa al regalo ad ogni costo, molto spesso senza significato o sentimento alcuno, ha sommerso tutto quello che il dolce Nicola significava. Si potrebbe cominciare a fare doni natalizi solamente a chi si desidera davvero regalare qualcosa, non è un obbligo morale. E se fare regali a “pioggia” non è un dovere etico, neanche cenone, inviti e visite di cortesia devono essere un lavoro. Ne risentono solamente il proprio benessere psicofisico e il portafogli. Tonnellate di cibo finiscono nell’immondizia, mentre decine di migliaia di persone fanno la fila alla Caritas con la speranza di passare il Natale davanti a un pasto caldo. La frenesia inarrestabile, che non somiglia neanche un po’ all’adrenalina di passare del tempo con le persone care. La spesa, il pranzo, la cena, i regali, i negozi intasati, il traffico in tilt, linee di autobus organizzate per incentivare lo shopping, i lavoratori delle vendite che lavorano 7 giorni su 7, i torroni, i parenti, la bella figura che bisogna fare costi quel che costi. Tralasciando l’ultimo dell’anno, che puntualmente viene posto come fosse l’ultima serata dell’umanità. Il fenomeno crescente dello stress da maratona natalizia fa molto sorridere. Come se la nostra società fosse esposta a così poche fonti di stress, che se ne deve trovare delle altre, per giunta senza motivo. Il materialismo e il consumismo hanno penetrato così profondamente le nostre vite?


“È Natale da fine ottobre. Le lucette si accendono sempre prima, mentre le persone sono sempre più intermittenti. Io vorrei un dicembre a luci spente e con le persone accese”. (C. Bukowski)

Eleonora Pochi

Nessun commento:

Posta un commento