07/01/11

La democrazia della repressione

Oramai il voler manifestare la propria opinione è diventato un fastidio da evitare, anche a costo di militarizzare città intere.
Sembrerebbe quasi si voglia iniettare nel paese un dose di tensione, d’allarmismo a mio avviso inutile e superfluo, segno evidente che l’Italia è un paese dalla memoria corta.
(Co)Protagonisti indiscussi della scena sono le forze dell’ordine, anch’esse colpite duramente dalla crisi e scese ripetutamente in piazza per ribadire che senza risorse non può esserci sicurezza e che “La sicurezza non può essere un costo per il governo, ma un investimento”.
“Nessuno si è preoccupato di interpellarci in merito alla predisposizione della Finanziaria – ha dichiarato Felice Romano, segretario generale Siulp – che nessuno poi ci indichi come i disfattisti del momento”.
Sembrerebbe paradossale rilevare che gli agenti di polizia siano scesi in piazza con le stesse motivazioni di fondo di studenti e lavoratori precari ma ciò nonostante si sia assistito a scene come quelle del 14 dicembre a Roma. Ci si rende purtroppo conto della insensatezza di quei gesti. Sembrerebbe quasi una sciocca guerra tra poveri voluta da qualcuno, tra società e forze dell’ordine che in nome del disagio si scannano mentre i lorsignori, arroccati nei palazzi, approvano riforme che porteranno alla fame un paese intero tranne loro.
“Tutto questo costringe le forze dell’ordine ad un’attività di supplenza al governo sempre più complessa e delicata” ha dichiarato il capo della Polizia Antonio Manganelli riflettendo sul 14 dicembre, aggiungendo “E’ un superlavoro richiesto a chi, tra l’altro, e’ pagato sempre meno”. Pur essendo pienamente d’accordo con le parole del Prefetto occorre precisare che molto spesso alcuni agenti si trasformano in criminali, abusando del loro potere in nome della legge, che automaticamente infrangono.
Gli scontri del 14 dicembre ne sono l’emblema (ormai tristemente note le immagini che girano in rete, di un manifestante preso a calci da più agenti di polizia). Da esse traspare non tanto la rabbia quanto una cattiveria che fa più paura dei tagli di governo. Al di là di qualsiasi pensiero ed opinione politica, la violenza è deprecabile da qualsiasi parte della barricata provenga, ma soprattutto se mossa da chi dovrebbe garantire ai cittadini l’ordine pubblico.
Abbiamo chiesto ad Alice Niffoi, presa a manganellate dalla polizia ed arrestata insieme ad altri 23 ragazzi il 14 dicembre, cosa le rimarrà delle 16 ore trascorse nel centro di identificazione di Tor Cervara “Sapevo di essere in stato d’arresto ma non sapevo di cosa ero accusata. Nonostante lo chiedessi in continuazione, sono riuscita ad incontrare il mio avvocato solo in aula. Un trattamento degradante, oltre che fuori da ogni regola! Per 14 ore non ci hanno dato la possibilità di mangiare né di bere e solo a due ragazzi è stato concesso d’andare in bagno. E’ stata un’esperienza molto dura, conserverò un ricordo orribile”.
L’indignazione di Alice, come di tanti altri, è forte, “il 14 dicembre eravamo in piazza: studenti, precari, migranti, movimenti per la difesa del territorio venuti da Chiano e dall’Aquila, lavoratori dello spettacolo e tanti altri per manifestare il nostro dissenso verso un Governo che ha adottato provvedimenti vergognosi, dalla legge finanziaria alla riforma dell’Università. Un Governo che in tutta risposta si è trincerato in una zona rossa, arrestando ed usando i manganelli delle forze dell’ordine contro chi ha provato ad avvicinarsi”.
Sarebbe opportuno invece che una società intera (forze dell’ordine comprese), accomunata dagli stessi problemi e dalle stesse motivazioni che spingono a scendere in piazza, manifestasse insieme contro i tagli imposti dal Governo. “Certo, sarebbe bello e sicuramente molto più efficace – commenta Alice, che avendo vissuto la brutta esperienza in prima persona, aggiunge – purtroppo sono estremamente scettica al riguardo. Diversi agenti ci hanno detto che non dovevamo lamentarci per essere stati arrestati e che avremmo fatto meglio a restarcene a casa”.
Non bisognerebbe permettere che per quattro esaltati, dei quali alcuni sembrerebbero infiltrati che provocano tafferugli, migliaia di lavoratori, insegnanti e ragazzi vengano bollati come criminali. E’ inconcepibile e forse fin troppo facile per chi mira a sminuire la realtà dei fatti, ossia un dissenso dilagante, di tutte le categorie, verso le misure politiche intraprese.
Alice, qualche giorno dopo l’arresto, ha dichiarato “Ho capito che per lavorare me ne devo andare”, tanti giovani purtroppo sono arrivati alla sua stessa conclusione “L’Italia investe molto meno degli altri Stati nella ricerca e nella cultura, è un dato di fatto, di conseguenza la vita è resa sempre più difficile, soprattutto per i “lavoratori della conoscenza” – continua Alice – Paradossalmente, più si ha un titolo di studio alto e ci si specializza, più è difficile trovare un’occupazione che tenga conto delle nostre capacità e conoscenze… Il Ministro Brunetta, come soluzione, ci consiglia di ripiegare sui lavori umili! Non sono convinta di trovare il paradiso o di riuscire a realizzare tutti i miei desideri fuori da questo paese, ma almeno mi riscontrerei con reali possibilità per provare a farlo, qui invece si parte già scoraggiati.”
L’Italia dimostra ogni giorno di più che non è in grado di tenersi stretta la sua più scarsa e preziosa risorsa, i giovani. soprattutto verrebbe da pensare se la democrazia della repressione persisterà fino al giorno in cui il dissenso dilagherà a macchia d’olio e tutto il paese verrà preso a manganellate.

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