Oltre gli episodi di violenza, c'è stata la presenza di centinaia di migliaia di persone in piazza che hanno condotto una grande protesta, messa in ombra da gran parte dei media
Un fiume di esseri umani, uniti per il cambiamento globale, compatti contro la crisi. Studenti, lavoratori, disoccupati, giovani e meno giovani hanno sfilato sabato 15 ottobre per decine di chilometri, inarrestabili, instancabili, armati solamente di un’intelligente consapevolezza. Un esercito di centinaia di migliaia di indignati, dalle 14 fino a sera, di cui non si parla. Tutti sanno, però, di quella banda di incappucciati che ha messo a ferro e fuoco piazza San Giovanni, delle macchine incendiate, del blindato della Polizia in fiamme. Quelle immagini hanno fatto, nel giro di pochi minuti, il giro del mondo, facendo calare un sipario nero e spettrale sulla giornata di mobilitazione romana. La manifestazione di sabato scorso rispondeva all’appello internazionale “United for Global Change”, rappresentando una protesta mondiale, anche oltre la data del 15, tesa a denunciare i meccanismi di un sistema economico, il capitalismo, che ha prevalso sulle democrazie. “Non siamo merce nelle mani dei banchieri”, “Gli esseri umani prima dei profitti”, “democrazia reale, ora!” sono alcuni degli slogan che hanno accompagnato l’iniziativa.
E’ il 15 ottobre, ma è una giornata di primavera a Roma. Già dalla tarda mattinata piazza della Repubblica non riesce a contenere i manifestanti e nell’attesa di partire in corteo anche piazza dei Cinquecento è gremita di indignati. Ci sono uomini, donne ed anche bambini e la violenza non rientra nel vocabolario delle centinaia di migliaia di persone in piazza. Poco dopo le 14 si parte, uno tsunami umano invade lentamente Roma, teatro di una grande mobilitazione, anticipata dalle recenti proteste dei Draghi Ribelli e degli Indignati accampati in strada. In tutto il mondo si manifesta per la stessa causa e in strada si respira un’atmosfera difficilmente descrivibile, un altro emisfero rispetto al Far West di piazza San Giovanni.
Si procede adagio, alcuni inquilini di Via Cavour, soprattutto anziani, si affacciano accennando gesti di supporto alla protesta, trasversale, pacifica, dal basso. Ma questa è l’Italia che non finisce in prima pagina. In fondo è solo il 99%, una percentuale messa in secondo piano da quell’1% la cui protesta si esprime attraverso inconcepibili atti di violenza. Proprio quel 99% sceso in piazza per rigettare il pagamento di un debito contratto da un’1%. La proporzione è la medesima. Proseguendo, s’incontrano le prime due auto bruciate e qualche vetrina rotta. Suonano i telefoni di molti di noi, “Dove sei? Fai attenzione”. Da casa guardano preoccupati alla tv la guerriglia che si sta scatenando a pochi chilometri di distanza, gli scontri tra black bloc e forze dell’ordine, tra manifestanti e black bloc, tra manifestanti e celerini, che ne colpiscono alcuni gratuitamente. Il bilancio è di 70 feriti.
Roma è l’unica città al mondo, durante la giornata del 15, che registra simili avvenimenti. Una vergogna all’italiana.
Si procede in corteo, cercando di rimanere uniti ed evitare che nessuno si disperda. Un gruppo di scellerati violenti non ferma uno tsunami pacifico. Arrivati in prossimità del Circo Massimo, si continua verso Piramide, per proseguire lungo via Magna Grecia. Qui s’incontrano numerosi cassonetti rovesciati e trascinati in mezzo alla strada, decine di ragazzi si uniscono per ricollocarli pian piano al ciglio della strada, molti li applaudono, ma questo nessuno lo sa. Sono le 20:30 circa quando arriviamo alla volta di piazza San Giovanni, ci viene impedito di passare oltre gli archi, l’intera area è stata chiusa.
Faccio capolino dagli archi per capire la situazione e quello che si intravede è una piazza tetra, triste, devastata, privata della sua bellezza, illuminata dai lampeggianti delle camionette della polizia. Tutt’altra cosa rispetto alla giornata trascorsa con le migliaia di manifestanti con i quali ancora cammino. Si decide di proseguire fino a piazzale Aldo Moro, dal quale gli studenti erano partiti dieci ore prima. Il passaggio sulla Tangenziale ci ha aiutato a contarci. Sono quasi le 22, ma basta voltarsi per rendersi conto che, nonostante la stanchezza, siamo ancora in migliaia, un lunghissimo fiume di persone. Una straordinaria sorpresa, un’indescrivibile soddisfazione. Chissà che penserebbe la gente a casa se ci vedesse alla tv. Chissà quanto soddisfacimento avremo potuto dare alle ulteriori migliaia di manifestanti che si sono trovati inermi nella guerriglia, il cui sacrosanto diritto di manifestare è stato infangato.
Una giornata, quella del 15 ottobre, che ha rappresentato l’indignazione a livello globale, una violenza prettamente italiana. La rivoluzione non è un pranzo di gala, ma neanche una guerra tra poveri.
Pics by Filippo Rioniolo
Eleonora Pochi
Eleonora Pochi
Fonte: Fuori le Mura
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