Per la prima volta, escono da Gaza. Quattro ragazzi che hanno dimostrato attitudine e passione verso il parkour, uno sport acrobatico che li ha aiutati a trovare la forza di affrontare la dura vita della Striscia
Saltando, superano barriere fisiche e psicologiche imposte nella Striscia. Il tour italiano dei Gaza Parkour è stato promosso e finanziato dalla Provincia di Roma, nell’ambito del programma di “Sostegno a spazi verdi e attività sportive a Gaza”, previsto da un progetto di supporto alla popolazione gazawi. I ragazzi si sono esibiti a Roma, Bologna, Milano, Bergamo e Palermo. Abbiamo avuto il piacere di parlare con loro, in particolare con Ibrahim, coordinatore del gruppo, che già aveva varcato i confini gazawi, in quanto allenava una squadra di pallacanestro. Ci ha raccontato un po’ della loro storia e della loro situazione di vita a Gaza. Nel viaggio di ritorno a casa Mohammed, Abdallah, Jehad e Ibrahim sono stati arrestati a El Cairo dalle autorità egiziane, che hanno rinchiuso i ragazzi per oltre quindici ore in una piccola stanza, insieme a decine di palestinesi, anch’essi bloccati in Egitto. “Ci hanno arrestato come fossimo criminali benché non avessimo fatto nulla di male – racconta Ibrahim -, ma questo è il trattamento che spetta a tutti noi palestinesi”. Dopo una lunga nottata, i quattro ragazzi sono stati trasportati dalle autorità fino al confine. Ad ogni modo, ci auspichiamo di rivederli in Italia molto presto, tanto per la talentuosa esibizione che ci hanno regalato, tanto per il loro apporto umano. Nonostante siano giovanissimi, dà subito all’occhio la loro profonda maturità, purtroppo riconducibile all’essere stati costretti a diventare uomini troppo presto.
Benvenuti in Italia ragazzi, è davvero un piacere incontrarvi. Dato che è la prima volta che siete qui, come vi sembra questo paese?
Pensavamo che la gente in Italia stesse bene e invece ci siamo resi conto che anche qui ci sono grandi difficoltà, alcune quasi paragonabili alla realtà di Gaza. La gente sta male economicamente e socialmente, soprattutto non c’è occupazione e la povertà dilaga. Però, nonostante i problemi, gli italiani ci hanno insegnato molto e quando torneremo nel nostro paese, ci ricorderemo del popolo italiano come gente per bene, che purtroppo soffre una situazione per certi versi simile alla nostra. La cosa più sorprendente è che abbiamo conosciuto persone generose ed umili, che ci hanno calorosamente accolto. Gente con un cuore grande.
Siamo molto contenti di questo. Come nasce la passione per il parkour?
Abdallah è stato il primo di noi a scoprire questo sport. Io sono un atleta, giocavo a basket ed ora mi sono dedicato al 100% a quest’attività. Parlai con Mohammed, e decidemmo insieme di creare il gruppo.
Qual è il messaggio che volete trasmettere con la vostra arte?
Non lo facciamo soltanto per sport, ma soprattutto come possibilità per uscire dall’isolamento mondiale. Come cittadini di Gaza lo facciamo perché
vogliamo dire al mondo che, nonostante tutte le difficoltà, possiamo dare un esempio migliore o ‘il’ migliore, perché no!
vogliamo dire al mondo che, nonostante tutte le difficoltà, possiamo dare un esempio migliore o ‘il’ migliore, perché no!
Quali sono le restrizioni che pesano di più per un giovane palestinese?
Prima di spiegare le restrizioni, è bene che si capisca cosa realmente abbiamo a Gaza, perché prima di tutto bisogna capire cosa significa vivere nella Striscia. E’ una cosa che dovrebbe essere ben chiarita, in generale. Le persone qui in Italia, come in altri paesi, possono usufruire di mezzi basilari, che, per quanto legittimi, possono sembrare scontati. Ciò garantisce il normale svolgimento della vita quotidiana di un individuo. Talvolta, le persone danno valore alle cose che hanno soltanto quando le perdono. La gente ha la possibilità di esprimersi e l’opportunità di migliorare. Io a Gaza sono il miglior giocatore di basket e probabilmente potrei essere il migliore del mondo, come i parkour di Gaza potrebbero essere il top a livello mondiale, ma non ci è concessa la possibilità di esprimerci, di confrontarci. Non vorrei entrare troppo nei dettagli, ma i giovani palestinesi soffrono di un grave malessere politico-militare, sociale e soprattutto devono sopportare il peso psicologico di una situazione difficilmente immaginabile, nella quale viene noi negato il diritto di vivere una vita normale come ogni altro essere umano. Chi vive al di fuori della Striscia ha un sogno, un motivo di vivere. A noi di Gaza i sogni ci sono stati strappati. Come giovani di Gaza, siamo nati nel mezzo di un conflitto del quale non siamo partecipi, non vogliamo partecipare al conflitto. Sembra un film prodotto da qualcuno che ci costringe a vederlo. Potrei dire che noi che facciamo questo sport siamo fortunati perché siamo riusciti man mano a costruire il nostro sogno anche se c’è stato negato. Però se mi guardo intorno e vedo i ragazzi di Gaza, capisco che non hanno la possibilità di sognare, facoltà che vogliono riprendersi lottando.
Secondo voi, quale salto ci vorrebbe per superare realmente le barriere?
Il bello in quello che facciamo sta proprio nel saltare gli ostacoli, è una passione quotidiana. Ogni volta che saltiamo, è per dimostrare a noi stessi e agli altri che tutti gli ostacoli possono essere superati! Basta volerlo davvero.
E’ la prima volta che uscite da Gaza?
Per me (Ibrahim, ndr) no, sono uscito più di una volta perché allenavo una squadra di pallacanestro. Purtroppo per i ragazzi è la prima volta che escono dalla Striscia, ma è stata una bellissima emozione!
Per i palestinesi, quando viene ucciso un familiare, è una profonda sofferenza. Il dolore per la perdita di Vittorio è stato peggiore. Perdere un familiare per una causa comune al popolo palestinese è ‘normale’. Perdere Vittorio, italiano, nella situazione che si è creata, è stata la sofferenza peggiore che il cuore dei palestinesi abbia mai avuto.
Le vostre parole sono davvero molto belle e sopratutto sincere. Grazie ragazzi, per l’affetto dimostrato nei confronti di Vittorio. Speriamo di rivedervi presto in Italia! Ora, un messaggio libero al nostro paese.
Per un Palestinese uscire da Gaza è un sogno perché è come essere scagionati da una ingiusta prigionia. Qui abbiamo trovato la libertà e per quanto riguarda il popolo italiano, abbiamo conosciuto persone che ci hanno dimostrato un affetto vero e sincero. Per noi rappresentano una fiamma per la libertà che trasmetteremo in Palestina. A presto gente!
Eleonora Pochi
Fonte: Fuori le Mura
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