14/07/11

Immigrati: nel bagaglio per l’Italia, solo la speranza di protezione

Quando si sta scappando da una guerra, dalla povertà o dalla fame non ci si ferma a pensare che il Paese dove si vuole tanto arduamente arrivare, anche rischiando la vita, non rispetterà il diritto alla protezione internazionale oppure non sarà disposto all’accoglienza

Una folta fila mi si pone innanzi, il caldo comincia a farsi sentire e c’è il rischio che non riesca ad arrivare capofila entro l’ora di chiusura. Mi domando se sono capitata nel giorno ‘no’ oppure se le file interminabili sono la quotidianità. Mi basta girare lo sguardo per chiedere ad una signora vicino che mi toglie immediatamente il dubbio, confermandomi che l’attesa è la prassi; non è la prima volta che viene all’Ufficio Immigrazione di Tor Cervara, a Roma. Mi guardo intorno, scambio due parole con alcuni ragazzi in fila, nella sala profughi e nella sala soggiorno. Mi raccontano brevemente le loro storie e grazie all’ascolto dei loro casi pratici, riesco a sopportare e comprendere il carico di nozioni teoriche che mi saranno date in seguito. Date le recenti vicissitudini che coinvolgono i migranti nordafricani, ho creduto fosse opportuno soffermarsi sulla questione

Il miraggio del diritto di asilo
In risposta all’arrivo di migranti dovuto alla fragile situazione dei paesi nord africani, l’Italia ha emanato un decreto, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale dell’8 aprile 2011, nel quale è stato stabilito che i soli cittadini provenienti dal nord-Africa entrati in Italia dal 1 gennaio 2011 alla mezzanotte del 5 aprile 2011, possono beneficiare di misure di protezione temporanea. In altre parole, è stato loro concesso un permesso umanitario di sei mesi. E’ doveroso precisare che il permesso umanitario non é nulla di nuovo, al contrario di quanto il governo sembrerebbe aver insinuato attribuendosi il merito di un gesto di bontà, anzi é previsto dall’art. 20 del testo unico sull’immigrazione. Per quelli arrivati  dopo il 5 aprile, non c’è nessun permesso umanitario, ma la solita prassi. Se si hanno i documenti, l’autorità di Polizia, dopo aver verificato la validità delle carte presentate, rilascia un visto temporaneo rinnovabile fino alla decisione della Commissione Territoriale, organo delegato al riconoscimento dello status di rifugiato.
Nel caso si giunga senza documenti, come nella maggior parte dei casi dei flussi provenienti dall’altra sponda del mediterraneo, si è obbligati a permanere in centri d’identificazione, o meglio centri d’accoglienza per i richiedenti asilo(C.A.R.A.), un termine che in realtà sarebbe meglio rimpiazzato da un meno soft ma senz’altro più realistico ‘centri di detenzione’, visto il trattenimento coattivo della totalità dei richiedenti asilo in attesa dell’esito della domanda. E’ un po’ il discorso dell’utilizzo del binomio escort-puttana, il primo distinto, il secondo effettivo.
Per il riconoscimento dello status di rifugiato si deve dimostrare, tramite un’accuratissima dichiarazione stilata con l’aiuto di assistenti sociali, che sussista un fondato timore di persecuzione.

La legge italiana è diseguale per tutti
La normativa italiana non prevede forme di asilo per coloro che sono costretti a fuggire dal proprio paese a causa di conflitti bellici in corso o gravi disordini interni, a meno che non siano vittime di persecuzioni individuali.
La legge 40/98 sull’immigrazione, prevede pero’ che con decreto del presidente del Consiglio dei Ministri, possano essere stabilite misure di protezione temporanea nel caso di imponenti esigenze umanitarie, conflitti particolarmente intensi o gravi calamità naturali. Proprio quel decreto emanato poco tempo fa.
Ora, c’è da chiedersi qual è il metro di misurazione che il Consiglio dei Ministri adotta per quantificare l’imponenza di una crisi umanitaria oppure della gravità di un conflitto. Questo procedimento sembrerebbe studiato, in pratica, per scegliere chi accogliere e chi no, in base al ritorno o agli interessi italiani verso il paese di turno.
Nell’ordinamento giuridico italiano, ad oggi, non esiste neanche una legge nazionale organica sul diritto di asilo, menzionato esclusivamente all’art. 10 della Costituzione: “Lo straniero, al quale sia impedito nel suo paese l’effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana, ha diritto d’asilo nel territorio della Repubblica, secondo le condizioni stabilite dalla legge”. Pertanto i criteri di riconoscimento dello status di rifugiato rimandano all’art. 1 della Convenzione di Ginevra del 1951.
Da oltre 30 anni assistiamo ad una frenetica globalizzazione, per la quale merci e capitali non hanno frontiere, né tanto meno limiti. E’ avvilente appurare che l’unico ad avere ancora fortissimi vincoli, sia proprio l’essere umano.

Eleonora Pochi

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